domenica 28 agosto 2011

Non omnis moriar

"Siamo davanti alla maestà della morte". Ho sentito mille volte il parroco del mio paese pronunciare queste parole, ma credo di non averle mai capite né accettate fino in fondo. La morte ha qualcosa di regale, maestoso, grandioso? Ci si inginocchia dinanzi ad essa come se ci si trovasse in presenza di un re, di un superiore? Mah. Forse lo si fa solo perché non la si può comprendere.
La morte, che è il contrario della vita, tocca a tutti indistintamente. Ma per alcuni giunge un po'troppo presto. E, dunque, anche se Don Rocco dice che è regale e maestosa, per me resta assolutamente ingiusta. Perciò, come tale, va combattuta e affrontata. Specie se porta via con sé persone giovani, ragazzi che hanno ancora tanto da dare. Persone belle. Uomini e donne che inondano l'universo di luce attraverso parole, pensieri e gesti. Troppe volte ho ascoltato quelle parole davanti a feretri bianchi. E se non le ho sentite in altre circostanze era solo perché eravamo in un'altra chiesa, in un'altro posto, in un'altra a casa. Ma il mio stato d'animo era lo stesso. Rabbia causata da una palese ingiustizia. Rabbia verso chi strappa i giovani figli alle proprie madri, le madri ai figli piccoli, i ragazzi agli amici, alla vita ai loro sogni.
Oggi non sarò tra i banchi in chiesa madre a Pignola. Oggi sono lontana. Ma è come se fossi lì a salutare un poeta, un intellettuale, un artista, il figlio della mia maestra. Un ragazzo, un giovane uomo, di cui siamo stati privati in breve tempo, troppo presto. Un lucano innamorato della sua terra, dei suoi boschi e della cultura. Uno scrittore geniale. A ricordarcelo restano le sue parole.
L'avevo ritrovato qualche anno fa su My space. La vetrina virtuale che usavo per lavoro, per scribacchiare, incontrare artisti, raccontare i miei sogni e sfogare la mia rabbia perenne. Anche Francesco, "il figlio del maestro", e della maestra, era lì. Ma non era più lo stesso. Era diverso. Aveva cambiato nome. Si chiamava Yzu Selly. Era semplicemente il suo nome d'arte. E, leggendo le sue poesie, vedendo su youtube le performance di questo altissimo munaciello mascherato, avevo decretato che gli calzava a pennello.
Lui accettò subito la mia amicizia. E insieme ricordammo un sorriso, unico, inimitabile, infinito, quello della sua adorata madre, la maestra. La donna che mi ha trasmesso l'amore per la letteratura e per la scrittura. Colei che è andata sempre fiera dei suoi alunni. E, come una mamma dolce e premurosa, come la Madonna che ci aveva insegnato a venerare, non li perdeva mai di vista. Mi era capitato, spesso, in classe, di sbagliare e di chiamarla "Mamma" e non "maestra". Non so come si senta una madre in questo istante, ma so che la maestra avrà accanto tutti ma proprio tutti noi. Quei figli che ha visto crescere tra i banchi.
Il mio pensiero, oggi, non può che andare a lei. A quella dolce signora bionda, sempre presente, accogliente e sorridente. Alla donna che gioiva nel vedere ancora insieme, dopo tanti anni, le sue alunne più care. Sempre amiche.
Da qualche tempo la luce sul suo volto era scomparsa. La mia maestra si era spenta. Ma penso che non abbia mai perso la speranza di avere ancora accanto suo figlio.
La vita però è breve e bastarda insieme. Non ti dà il tempo di capire che lascia il passo alla regina della fine. Eppure in questi anni mi sono convinta che nessuno muore mai del tutto. Tutte le persone che ci lasciano trovano il modo di rivivere. Continuano a permanere nella nostra esistenza sotto forma di altro. Un colore, un canto, un evento, una parola. Per Francesco, Yzu, è più semplice. Lui scriveva. Lui era un artigiano della parola. E la parola non muore mai.
Lo sapeva bene il poeta Orazio per il quale la poesia era un monumento più duraturo del bronzo, inossidabile, intramontabile, infinita.
Io ricorderò sempre Francesco attento ad ascoltare le storie delle brigantesse. Rileggerò i suoi versi nei quali avevo ritrovato Rocco Scotellaro e Cesare Pavese. Rivedrò il suo Crocco ogni qualvolta proverò a migliorare la mia brigantessa o sfoglierò le pagine che narrano le gesta degli eroi lucani, i briganti. Uomini che hanno lottato per la libertà. Uomini di grande dignità. Indomiti e ribelli. Autentici. Proprio come il nostro Yzu, un poeta anarchico e brigante.
Ciao Francesco. Buon viaggio e salutaci la Pignola celeste.

3 commenti:

  1. "(...)Sì, l'uomo è mortale, ma questo sarebbe solo una mezza disgrazia. Il brutto è che a volte muore all'improvviso, è questo il guaio! E in genere non è in grado di dire che cosa farà stasera(...)"

    Così Woland, ne "Il maestro e Margherita" invita a non illudersi che l'uomo possa dirigere il mondo, meno che mai se stesso, non ne ha il tempo, disponendo di una vita ridicolmente breve, e soprattutto non sapendo quando morirà. Pianificare diventa un risibile esercizio mentale in una prospettiva simile.

    La morte affascina perchè è l'ultimo tabù, l'unico autentico mistero che non possiamo svelare.

    Riflettevo sulla morte come sonno, riposo che lenisce, quale Amleto se l'augurava per sottrarsi al dolore della'esistenza. Il principe di Danimarca però temeva potesse essere un sonno coronato di sogni, nel quale le sferzate della vita si riproponessero in un ciclico cilicio perenne. Un incubo perpetuo. Un inferno.

    A proposito di "perpetuo", mi ha sempre turbato un'espressione dell'eterno riposo, "risplenda ad essi la luce perpetua, riposino in pace(...)". Crea una dimensione ansiogena, (al di là del riferimento metaforico a Dio) una luce che mai tramonta mal si concilia con il riposo. Non a caso la "sottrazione di sonno" è uno strumento di tortura, purtroppo, ancora in uso.

    Finché c'è qulcuno che ci ricorda non moriamo mai completamente. Scrivere aiuta a lasciare un segno, lo sapeva Orazio e lo ha ripreso Foscolo nei suoi Sepolcri. Viene da chiedersi però, è davvero importante per un morto essere ricordato o è una delle inutili attività da vivo? Citando un altro principe, De Curtis: "
    Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive: nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"

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  2. La morte per me non è la fine. E' l'inizio di un'altra vita. Non statica però come credono i cristiani. Io mi sono fatta una mia idea della cosa che è piuttosto una speranza. Mi auguro che esista la reincarnazione, la metempsicosi delle anime come diceva Platone. O meglio penso che ogni essere che ci lascia rivive in qualcosa, in un colore, in un gesto, in un fiore o un arbusto e persino in una parola. E penso che si possa entrare in contatto con loro. Vedere e agire come se lo facessero loro. Prestargli gli occhi, il cuore e la mente a volte.
    I più fortunati rinascono sotto altra forma e realizzano i sogni che nella prima vita non sono riusciti a realizzare. La fine riguarda i corpi, non le anime. Lo spirito resta. E quelli dei poeti e degli scrittori rimangono in parte impigliati nelle loro parole. Foscolo non l'ho citato perché, a differenza sua, non credo nei cimiteri, nei sepolcri. Nelle tombe. Infatti voglio essere cremata e, anche se so che non si può fare, mi piacerebbe che le mie ceneri venissero disperse...Secondo me per il morto che ormai è morto il ricordo magari non ha senso, ma è un modo per tenerlo in ogni caso in vita e abbattere la distanza che la Signora Morte ha creato tra noi e loro. Non lo so. Sembra che il tempo non ci basti mai. Le morti premature mi hanno insegnato a non rimandare mai gli appuntamenti che con le persone che si reputano importanti perché non sappiamo mai se avremo il tempo di recuperare.

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  3. Anche per me la morte non è la fine; questo da un lato mi rende più sereno dall'altro mi terrorizza.

    La visione cristiana di riconduzione all'Uno mi turba, è come se in un certo senso smettessi comunque di esistere perdendo la mia individualità.

    La tua visione è davvero delicata e poetica. Spero possa essere davveroc così.

    Sono scarsamente interessato a quello che resterà delle mie spoglie dopo la morte, se c'è vita dopo la morte sarò altrove (o comunque altro) in caso contrario non avrò alcun motivo di preoccuparmi a prescindere.

    Propendo anche io per la cremazione, lo trovo più igienico e meno lugubre. Finire tra le "fauci" dell'imperatore della dieta sotto terra non è un'idea confortante.

    Dici "Secondo me per il morto che ormai è morto il ricordo magari non ha senso, ma è un modo per tenerlo in ogni caso in vita". Concordo, in realtà è parte del messaggio di Foscolo, cimiteri, sepolcri servono ai vivi non ai morti.

    Vero, la mente si crea meccanisimi di ciclicità, ci induce a ritenere che tutto duri e si propaghi nel tempo; la morte prematura rompe questo finto equilibrio e ci scuote.

    E' un periodo nero e cromaticamente si riflette sulle mie riflessioni, spero di non essere stato troppo noir ^^

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