giovedì 29 marzo 2012

Lavoratori di altri tempi

Se oggi qualcuno mi domandasse cosa faccio nella vita, risponderei:"Colleziono esperienze lavorative". Quando rileggo il mio curriculum provo il sentimento del sublime kantiano. Mi sento un esserino infimo e limitato rispetto alle infinite possibilità di sfruttamento. Reggerà la mia psiche a questa costante instabilità? "Papà tu hai fatto lo stesso lavoro per 30 anni, io ne ho già cambiati trenta di lavori!", l'affermazione di Angie, la protagonista del film di Ken Loach "In questo mondo libero" è il manifesto di un'intera generazione, la mia. In questi giorni in cui sui giornali si parla di riforma del lavoro, mi trovo spesso a confrontarmi con mio padre e, ovviamente, non ci capiamo. Parliamo due lingue diverse. Io quella tempo determinato, lui a tempo indeterminato. Io quella della "collaborazione", lui quella del "lavoro vero". Lui si affanna a tirare in ballo "la gavetta", io provo ad illustrargli "il lavoro usa e getta".
Dialoghi surreali:
Collaboratrice a progetto figlia:"Io vorrei sapere a cosa servono questi contratti di collaborazione occasionale. Ci metto 3 mesi per trovare un lavoro che dura 2 mesi e dopodiché sono di nuovo al punto di partenza. E cosa ho concluso?"
Lavoratore in pensione padre:"E'la gavetta, la fanno tutti!"
Collaboratrice a progetto figlia:"Quale gavetta se i settori sono sempre diversi? Uno che sogna di fare il banchiere mica passa prima dal negozio del panettiere, poi fa il salumiere e poi ancora il fornaio fino a che non arriva in banca, ma solo per versare sul conto del padrone il guadagno giornaliero. E questa me la chiami gavetta? Si può parlare di gavetta laddove c'è una prospettiva lavorativa, allora io parto dal basso per arrivare in alto. Inizio facendo la cronaca di quartiere e arrivo a fare la cronaca cittadina. Ma in assenza di prospettive e avanzamento di carriera, parliamo di sfruttamento e BASTA!"
Lavoratore in pensione padre:"Pensi che sei solo tu in questa condizione? Credi che gli altri stiano meglio di te?"
Collaboratrice a progetto, isterica, tuttavia figlia che porta rispetto:"No, non ho mai avuto la vocazione per l'egocentrismo. Ma mi pongo il problema e lo porto all'attenzione delle passate generazioni, quelle delle baby pensioni"
Lavoratore in pensione(adulta) padre per nulla idealista:"E allora cosa proponi? Stai senza fare niente? Non mi pare ci sia un'alternativa alle collaborazioni"
Collaboratrice meno che a progetto, esausta, ma affetta da una patologia inguaribile causata dallo studio della filosofia platonica:"Io dico che a me questo surrogato della vostra gavetta non serve a nulla. Quanto ancora dovrò continuare a fare la tappabuchi e a collaborare? Secondo me un'alternativa c'è. Deve esserci!Giuro che risponderò per le rime al prossimo "donatore di lavoro" che mi offre una misera collaborazione e mi indora la pillola promettendomi chissà quale carriera all'interno della sua azienda solo per indurmi a lavorare meglio! Ma pensano davvero che siamo scemi? Oltre al danno anche la beffa!"
Lavoratore in pensione a tempo indeterminato ex democristiano preoccupato per la tendenza all'insubordinazione della figlia che già immagina prigioniera politica filobrigatista:"Certo fai così che quello manco ti assume!"
Collaboratrice occasionale, a progetto se gli va bene, terrorizzata dal futuro:"'Assume'? Continui ad utilizzare una terminologia inappropriata! Forse volevi dire:'Manco ti usa e ti getta'?"
Lavoratore in pensione stanco della difficile comunicazione con la figlia "strana":"Scusa ma cosa pretendi che ti dica che dopo due mesi ti manda già a casa?"
Collaboratrice sull'orlo del silenzio stampa:"Quanto meno sarebbe più onesto. Ma anche la verità, a quanto pare, è un costo insostenibile per l'azienda".
Il lavoratore padre prima di tornare a fare il pensionato, e dunque di sedersi in poltrona a guardare "la ghiolittina", esclama:"Non capisco perché ti scaldi tanto! La situazione è questa. Tu, con la tua rabbia, non puoi cambiarla, devi solo cercare di essere ottimista!".
La ribelle depone le armi col genitore e si rifugia in camera a sognare la rivoluzione.
Breve riepilogo dei titoli di giornale:"Il presidente cinese si congratula con Monti per la riforma del mercato del lavoro"; "Voglio più Cina in Italia". E io dovrei essere ottimista? Ma qui non c'è limite al peggio!
La terrorista fallita si accinge a preparare il quinto curriculum contraffatto(secondo le indicazioni dei vari Informagiovani: depennare lauree e master), sperando che i cinesi le facciano un contratto a tempo INDETELMINATO!

domenica 18 marzo 2012

Stanze piene di scatole, scatole piene di passioni

Ogni qualvolta terminiamo un lavoro. Ogni qualvolta ci scade un contratto, che sia di collaborazione o a progetto, la domanda che ci viene posta da tutti è:"E ora?". Purtroppo noi esseri umani a tempo determinato non abbiamo mai una risposta a tale quesito. Possiamo arrampicarci sugli specchi Ikea delle nostre camere mentali, inventare soluzioni da verificare, collaudare, testare, mostrarci ottimisti e fiduciosi nel futuro, ma in fondo ci sentiamo smarriti. E il solo pensiero di aggiornare il curriculum è per noi fonte di angoscia. Anche perché un'altra domanda sorge spontanea: e ora l'ennesima "esperienza lavorativa" in quale curriculum andrà inserita? In quello reale, in quello con una laurea in meno, in quell'altro in cui ho solo il diploma o in quello in cui dichiaro di non aver mai letto un libro in vita mia? Mah, dilemma amletiano. E ora? E poi? Il tuo sapere, le tue passioni? Quale via scegliere? Quale dei mille cose che si è disposti a fare, pur di lavorare, devo mettere in evidenza? Quale strada è più giusto percorrere? Quale dei mille libri che ho acquistato leggerò senza sentirmi fuori luogo, fuori tempo, perdigiorno, scansafatiche, intellettuale senza arte né parte, saccente e inconcludente, secchiona fallita? La mia casa ormai è piena di stanze. La mia mente è una villa ottocentesca in decadenza, un'abitazione crepuscolare. Ogni stanza è stata riempita a dovere, nei tempi giusti, con l'arredamento adeguato a seconda dell'epoca e delle circostanze, i mobili tracimano di parole, pensieri, scritti in lingue diverse: italiano, spagnolo e qualche testo in tedesco, non mancano lingue morte e dialetti; le pareti sono ricoperte di quadri, da Klimt a Tamara de Lempicka, e gli scaffali più alti delle librerie custodiscono collezioni di film, spettacoli teatrali e riviste letterarie...E ora? E poi? E ancora? Che fare? Quale delle figure che siamo capaci di incarnare è spendibile sul mercato? Quale delle maschere che abbiamo imparato a costruirci col tempo va indossata adesso per resistere all'urto delle crisi che fagocita passioni, speranze, idee e voglia di rimettersi sempre e comunque in gioco?
Non lo so. Mi aggiro in tuta e scarpe da ginnastica tra le stanze della mia villa in decadenza e cerco tra gli scatoloni i pezzi con i quali costruire una nuova me stessa sperando che la prossima versione, l'ennesima collocazione sia definitiva e meno provvisoria delle precedenti.