sabato 8 marzo 2014

Fenomenologia dell'ovile: Misantropie









In questi giorni mi è capitato di ascoltare delle conversazioni in cui si affrontava il tema delle "comitive" e dei "gruppi" nonché la problematica dell'invito. Qualcuno degli interlocutori lamentava il fatto che una certa cerchia di persone, con la quale mi pare di aver capito non amava intrattenersi, avesse preso ad escluderlo dalle proprie attività ludiche. Un evento di cui gioire dal mio punto di vista, dati i trascorsi tra il povero infelice e il clan. Tuttavia costui se ne doleva come se l'esclusione fosse la prova tangibile dell'incompatibilità e si sa, laddove vale solo ciò che appare, ebbene salvare sempre e comunque la forma. 

A me hanno insegnato, o meglio un mio amico mi ha trasmesso in maniera molto efficace, questo messaggio: coloro che non ci vogliono non vanno affatto blanditi, riveriti e inseguiti. Non dobbiamo adeguarci a queste persone e modificare, o peggio, mortificare la nostra personalità per essere accettati; chi desidera la nostra compagnia e comprende il nostro valore ci accetta per quello che siamo e non ci fa mai sentire a disagio. Chi si comporta altrimenti non è degno della nostra considerazione. Tutto qua. 
Il mio amico in questione, in un'occasione ben precisa, nel corso di una riunione fiume di AC in canonica, ai tempi che furono, citò un episodio del Vangelo in cui Gesù Cristo in persona invitava i suoi seguaci a pulirsi i calzari sullo zerbino i chi non è accogliente e ad uscire voltandogli le spalle. Sulle mie pupille è rimasto impresso il gesto che Antonio fece per rendere meglio l'idea: pulirsi le scarpe sull'uscio e togliere il disturbo. 

Ecco, avrei consigliato lo stesso  all'escluso di turno che si sente discriminato perché gli appartenenti ad un clan metropolitano, alla tribù di Oviland, non gradiscono la sua presenza e non comprendono il suo essere. Caro emarginato, vai a casa di chi ti emargina con le scarpe lerce di fango; dopo avere attraversato un campo bagnato, bussa sorridente alla loro porta e, quando ti apriranno sorpresi recitando la parte di quelli buoni, bravi accoglienti, sì insomma snocciolando a memoria il copione del piccolo borghese che mamma e papà gli han fatto mandare a memoria fin da piccoli, una stucchevole sequela di "OhMioCaroMiDispiaceMaGuardaComeTiSeiRidottoOraTiPortoQualcosaDiCaldoEunaCopertaMaNonRestareLìSullaPOrtaENTRA!", mentre qualche altro ti guarderà dall'alto schifato, tu col sorriso sempre stampato sulle labbra pulisciti ben ben i calzari sul loro tappeto firmato, fai cadere pezzi di fango indurito sulla moquette ed esci di scena. recitando Molière:

"Riscontro dovunque solo vili lusinghe,
 ingiustizia, interesse, scaltrezza, tradimento; 
non posso contenermi, mi adiro, 
e mi propongo di mandare all'inferno tutto il genere umano". (Il Misantropo)



martedì 28 gennaio 2014

Yes I can!





Ogni qualvolta qualcuno mi dice che non posso fare una cosa, che non sono in grado di svolgere un'attività, che sono incapace, io penso a Michelle Obama. Ogni qualvolta qualcuno\a cerca di farmi sentire inadeguata, vorrebbe demoralizzarmi e attentare alla mia autostima, io con forza ancora maggiore prego con le parole di Michelle.



Dobbiamo sempre affrontare gli scettici. Gente che ci dice cio’ che non siamo capaci di fare. Non sei pronta. Non sei abbastanza brava. Non sei abbastanza intelligente. Sei troppo alta. Credo che ciascuno di voi abbia sentito queste parole, percepito queste barriere, sentito che qualcuno vi voleva trascinare in basso, voleva definire i vostri limiti, ma chi siete? Voi sapete dannatamente bene di cosa siete capaci. Sapete, tutte le volte che qualcuno mi diceva, ‘No questo non lo puoi fare’, ho scacciato i dubbi e mi sono seduta al tavolo”(Discorso di Michelle Obama al Benedict College di Columbia, Carolina del Sud, gennaio 2008. Da La first lady della speranza, di Elizabeth Lighfoot, Nutrimenti editore).


Ultimamente a quel tavolo io mi ci sono seduta spesso con la voglia di mettermi alla prova e fare qualcosa di insolito. Ho iniziato a sferruzzare. La passione, o meglio l'idea, è nata lo scorso anno e con grande pazienza ed umiltà ho cominciato. Senza alcuna pretesa ho imbracciato i ferri e tra un tutorial di YouTube e le lezioni di mia zia Emilia piano piano le maglie hanno preso forma. Diritto-rovescio, diritto-rovescio non era semplice per me restare concentrata soprattutto perché intorno a me c'era sempre qualcuno pronto a farmi desistere dal mio intento. Foderarsi le orecchi e proseguire per la propria strada è l'unica soluzione praticabile in ambienti ostili. E con l'aiuto di Michelle, Penelope ha tessuto e sfilato le sue tele combattendo una guerra molto personale contro i soliti detrattori, portatori insani di negatività.

Dopo un' invernata di esercizi, quest'anno ho confezionato il mio primo capello. Che soddisfazione! Ancora una volta mi sono sentita ripetere dai serial killer della voglia di fare:"Tu non sai cucire, si vede. Come ti permetti di metterti a fare certe cose?", ma non mi sono curata di loro, gli ho dato le spalle e sono tornata al mio tavolo da lavoro fischiettando"Michelle...Ma Belle...". Tanto più che chi denigra e oltraggia il lavoro altrui spesso non ne comprende neanche il valore né tanto meno è in grado di giudicare, lo fa solo ed esclusivamente per distruggere le speranze e l'entusiasmo.


Ci sono troppe Zie Polly in giro per il mondo. Se le sorelle Brontë, Charlotte ed Emily, quest'ultima soprattutto, avessero dato ascolto a  tutti quegli uomini che stroncavano le loro opere letterarie e consigliavano loro di smettere di scrivere e di dedicarsi ad attività "prettamente femminili", ovvero le faccende domestiche, capolavori quali Jane Eyre e Cime tempestose non sarebbero mai stati scritti!
Per fortuna anche loro erano caparbie come Michelle, il cui mantra mi aiuta a non demordere. E i riconoscimenti prima o poi arrivano. 

Avevo quasi concluso il mio secondo capellino- è il primo elemento di un set che comprende anche uno scaldacollo e dei manicotti. Il colore? Viola, con un pattern che ben si addice alle tricottatrici squinternate- quando mi sono accorta che la lana cominciava a scarseggiare e sono tornata in merceria per acquistare altri gomitoli. Per non sbagliare ho portato con me il campioncino che avevo realizzato prima di iniziare il lavoro e l'ho consegnato subito nelle mani della merciaia. Ho notato che lo guardava con interesse, l'ha poggiato sul bancone e ha preso ad analizzarlo da cima a fondo poi, con piglio deciso, mi ha chiesto:"Chi l'ha fatto questo?". "L'ho fatto io!", ho risposto timorosa. "Con che macchina?", ha replicato lei."Nessuna macchina, l'ho fatto a mano con i ferri". La donna ha sollevato le sopracciglia e ha arricciato la bocca. "Brava! Quando un campione si arriccia significa che le maglie sono lavorate in maniera perfetta. Questo effetto lo si ottiene solo con le macchine, brava davvero!".
A quel punto l'incredula ero io. Eppure, una volta a casa, mi sono accomodata nuovamente al mio tavolo e ho ricominciato a sferruzzare... E a pregare.

martedì 31 dicembre 2013

Welcome Mr. 2014!

Caro 2013, 

come tutti gli anni dispari, che io detesto, ti sei reso particolarmente antipatico.
 Cosa mi hai portato? Non certo buoni frutti. Non avevo mai sentito parlare della "psoriasi guttata" e orrende pustole rosse si sono accampate sul mio corpo causandomi fastidi e dolori per tutta l'estate. Per non parlare della febbre, della debolezza e delle brutte figure. 

Non mi ero mai accorta degli sguardi cattivi che le persone rivolgono a chi ha un problema dermatologico o estetico: di colpo ti senti un mostro. Per i medici diventi subito una modella di Medicina 33, per intenderci: una di quelle tizie stese su di un lettino del Policlinico con la faccia smunta e triste e qualche parte del corpo scoperta che si prende un altro malanno, oltre a quello che pare debba avere, solo perché un emerito professore si faccia della pubblicità, tutt'altro che a buon mercato, e Luciano Honder possa rovinarti il pranzo parlando di diverticoli e emorroidi in fascia protetta, cioè in orari in cui possono andar bene solo i Tg e Antonella Clerici. Le malate immaginarie saranno anche pagate ma la loro è una vita difficile, così come lo è stata la mia con il corpo maculato. 

Ho sempre odiato il leopardato e tu, caro 2013, me l'hai tatuato sull'epidermide. Permetti che io ti detesti un po'? Per non parlare dell'horror vacui, dell'assenza di prospettive e di un lavoro retribuito e dignitoso, perlomeno nella prima parte dell'anno. E della bigiotteria fatta persona che ho dovuto sopportare. 

Non ho mai visto tanto marketing in giro come quest'anno. L'ipocrisia in certi luoghi regna sovrana, meglio avvedersene in tempo, di questo 2013 ti ringrazio: di non avermi sottratto il mio spirito critico e la mia capacità di guardare oltre le apparenze. Doti che ho affinato col mestiere ma di cui per fortuna la natura mi ha ben dotata. Sento da lontano l'odore del tarocco piccolo borghese, delle santarelle mancate, che però ci provano con tutti i maschi in circolazione, e di chiunque pensi di potertela fare sotto il naso.

Ma, anche tu 2013, che tanta sfortuna hai donato, qualcosa di buono l'hai lasciato. E allora, stamane, io faccio un po'di pulizie nel mio baule. Ripongo in esso: l'amore della mia vita, che illumina i miei giorni col suo indescrivibile sorriso; i miei cugini e la mia famiglia (siamo un sacco di persone inclusi i nuovi arrivati); gli amici e le amiche, quelli di sempre, vicini e lontani; le mie sorelline sparse per il mondo, la piccola Erica e la squinternata Stefania; le mie amicizie romane che mi mancano tanto; Miriam che mi dà la carica e Cinzia con i suoi saggi consigli; i miei goielli ovvero la mia discepola Michela e tutti i ragazzi pignolesi con cui ancora oggi mi trovo a collaborare o ad essere in contatto (compresi i miei cugini): la MEGLIO GIOVENTU'in tutti i sensi e lo dico con orgoglio; le mie nuove compagne social e i miei(nostri) amici potentini, napoletani doc, calabresi ecc, quelli e quelle vere di cui ci si può fidare e non sono in molti(grazie Paola che ci sei- per citarne una speciale); nonché tutti miei colleghi, le persone con cui ho avuto e avrò l'onore e il piacere di lavorare e infine i miei libri, le miei letture e i lettori di questo strampalato blog e lo chiudo a chiave.

 Tutti voi verrete con me nel nuovo anno e sono certa che lo renderete meraviglioso. Tu, mio morente 2013, sei stato l'anno della semina, se non sbaglio, dunque, il 2014 dovrebbe essere l'anno del raccolto. Speriamo che il lavoro svolto e da svolgere porti buoni frutti: la casetta della felicità è ancora in costruzione, ma non manca molto per terminarla.
 Bye Bye 2013, Bievenido 2014! P.S: Ah dimenticavo, del 2013 butto via anche scontrini e Vivident...Così, tanto per scongiurare l'avvento di altri LADRI!

lunedì 9 dicembre 2013

I misteri della fede: gli Hare Krishna sbarcano a Potenza.

Strani incontri nel capoluogo. Capita che in un supermercato potentino la squinternata affamata s'imbatta in un monaco induista. Le vie del Signore sono infinite.
"La fame fa brutti scherzi" è un mantra che ho coniato qualche sera fa mentre facevo il mio ingresso in un supermercato di Potenza. Mi era sembrato di vedere un monaco vestito d'arancio, un seguace di Krishna è chiaro. "Non è possibile, ho talmente tanta fame che comincio ad avere le visioni", mi sono detta. "A Potenza gli Hare Krishna non si sono mai visti, smettila di farneticare e compra da mangiare prima che la follia abbia il sopravvento", mi ammoniva la mia coscienza. Ok, mi dirigo verso il banco dei salumi, prendo il mio numeretto e mi metto in coda. Mi volto e la presunta visione mi si avvicina. Si tratta di un ragazzo sulla trentina, pelato, che indossa una giubba verde sull'abito color "zafferano" (giallo\arancio). Mi sorride e mi porge un libro dicendomi che vorrebbe parlarmi di Krishna e del suo messaggio. Io adoro gli Hare Krishna, a Roma li vedevo spesso in giro con i loro tamburelli, mi sembravano dei folletti in festa, allegri e pacifici. Le signore in attesa di affettati e formaggi mi guardano inorridite. Una bambina tira la giacca alla mamma indicando "quello strano signore vestito da carnevale", la madre la zittisce:"E'un monaco!". Nessuno però osa avvicinarlo, tutti scuotono il capo quando il folletto indù tenta un approccio. Tendere il libro per fare proseliti è una pessima strategia di marketing, è vero che i testi induisti non assomigliano affatto ai depliant illustrati dei testimoni di Geova, però la tattica è la stessa, la gente si confonde e scappa. Tanto più che i potentini non sono abituati a vedere monaci induisti in giro per la città, nei supermercati per giunta, dove alle otto di sera il pensiero è uno solo:cosa preparo per cena? Mettici pure che siamo montanari, diffidenti per natura, e va da sé che il povero monaco gironzoli tra gli scaffali alla disperata ricerca di interlocutori che si limitano a scrutarlo da lontano ma, appena lui si avvicina, gli voltano le spalle. Io non avevo molti soldi con me. E, pur essendo interessata alla pubblicazione, per evitare di consegnare ben presto la mia anima ad un qualsivoglia essere divino, sono stata costretta a dare la precedenza allo stomaco. L'hare krishna ha storto il naso, tuttavia era nel suo interesse attendermi e si è adeguato. Quando mi sono riavvicinata, sotto lo sguardo vigile della cassiera, della bambina curiosa e della madre e di molta altra gente che si nascondeva dietro pacchi pasta e merendine, ho notato che il gracile religioso aveva uno strano colorito, da attribuire forse alla cucina macrobiotica. Gli adepti di Krishna, infatti, non mangiano né carne né pesce né uova; pensa tu che sofferenza deve essere stata per lui aggirarsi tra gli scaffali traboccanti di tutta questa roba! Questo ci dà la misura della nostra città. In giro non c'è nessuno. La gente, che si muove rigorosamente in macchina, affolla i centri commerciali e gli ipermercati. La crisi è la crisi ma per la mamma lucana il cibo viene prima di ogni cosa. Primo comandamento della brava massaia: praticare sempre la cucina antisciupo. Il grasso è bello, il magro è malato anzi "sciupato", che è peccato! Comunque, alla fine, convinta dalle argomentazioni del monaco, da cliente già ben predisposta all'acquisto poiché affascinata dall'Oriente e dalle sue filosofie di vita, ho acquistato il libro. L'hare Krishna veniva dall'Umbria. Ogni quattro anni circa la sua comunità si mette in viaggio per la Basilicata. "Non veniamo spesso qui, la Basilicata è lontana". "Beh- avrei voluto rispondergli- a conti fatti non lo sarebbe, il problema è che la Basilicata è isolata, mal collegata". Nonostante la carenza di infrastrutture, però, i missionari induisti di tanto in tanto vengono a farci visita e sconvolgono il trantran quotidiano di un microscopico capoluogo. Felice e sorridente, il folletto mi ha salutato ed è fuggito via. Appena mi sono avvicinata alle casse per pagare, la cassiera stanca mi ha interrogata:"Ma quanto costava il libro? A me la cosa interessava ma qui non ho avuto un attimo di tregua!". "Offerta libera, o quasi", ho replicato."Gli ho dato 3 euro e 50 in tutto, non avevo altro". La cassiera ha sorriso e ha seguitato a battere scontrini, sbagliando e commentando ad alta voce:"Mamma mia stasera non ne combino una buona!". Forse una chiacchiera con l'inusuale cliente le avrebbe fatto bene, perlomeno, anche se per poco, le avrebbe fatto dimenticare le fatiche del suo vivere quotidiano e quella folla di consumisti accaniti che brandiva panettoni in offerta. Attraversando le strade deserte della città a tarda sera, ho notato che accanto ai tanti negozi chiusi, le sale scommesse e slot, le "macchinette", proliferano e, un po'come i supermercati, sono sempre piene. La gente fa la fila per tentar la fortuna. Uno dei principi regolatori del movimento spirituale Hare Krishna è "non praticare il gioco d'azzardo". Forse, in una città come la nostra, dove tanti sedicenti "cristiani" piccolo borghesi dilapidano i loro averi nelle sale giochi, le prediche dei monaci orientali venuti da lontano sarebbero molto più efficaci dei sermoni sull'argomento pronunciati da un vescovo con le mani sporche. MISTERO DELLA FEDE!

domenica 17 novembre 2013

Ho tanta nostalgia...Degli ANTA!

Riflessioni nostalgiche di una fanciulla nata negli anni '80, quando in tv ballavano la Cuccarini e Heather Parisi, Grillo faceva il comico, e ci si intratteneva con gli artisti, non con politici e veline.
Nelle ultime settimane mi crogiolo nei ricordi dell'infanzia. Il regredir mi è dolce negli anni '80/'90. E mi accorgo di avere molta nostalgia della tv di allora, dei personaggi, delle soubrette eleganti e rassicuranti, dei varietà e soprattutto dei balletti straordinari che mandavano in tv il sabato sera o, più tardi, la domenica pomeriggio. Ho iniziato così a danzare da bambina. Mi incantavo a guardare le piroette della Cuccarini e le spaccate di Heather Parisi e tentavo disperatamente di emularle. Chiedevo spesso a mia madre di guardare Hello Spenk. Ma quando apparivano le ballerine bionde, mi imbambolavo e dopo un po'prendevo ad ancheggiare come loro. La danza, quella vera, all'epoca, era sempre in tv. Capitava che apparisse persino Carla Fracci o che a Fantastico danzasse Raffaele Paganini. Per non parlare di loro, le ballerine bionde dai corpi sinuosi. Tutte avevano studiato danza classica. E tecnicamente, soprattutto alcune, erano perfette. A me importava poco di raggiungere la perfezione. Mi bastava riuscire a fare la spaccata fino a terra e alzare la gamba in alto come Heather Parisi. Pensavo che fosse questo il requisito più importante per diventare una ballerina vera. Punte, tutù, scarpette e spaccate. Ma bisognava esercitarsi tanto per essere come loro, davanti la tv e a scuola. E vai con le spaccate senza riscaldamento, le ruote a ripetizione prima di iniziare la lezione o le prove per il saggio. I crampi notturni erano assicurati. "Ma chissenefrega,- pensavo- se questo mi porterà ad essere come Lorella, ben venga!". Ed ora, a 30 anni, la domenica quando accendi la tv e ti trovi l'Arena di Giletti, cambi canale e incontri la faccia butterata di Barba D'Urso o il solito politico dall'Annunziata, ti assopisci sul divano e sogni...LORO! Partono le prime note de La notte vola, io vestita come Lorella (maglia e gonna bianca con bottoni dello stesso colore) e pettinata anche peggio, comincio a muovere le mani e....Vola con tanto fiato in gola, il buio si innamora, la notte vola!!!, canto a squarciagola senza vergogna alcuna. Sì, lo ammetto: l'ho cercato in tutti i negozi vintage di Roma quel completo anni '80... Per non parlare del chiodo bianco! Giuro che se li avessi trovati, li avrei comperati subito. Che coatta, vero? Forse un po'. Però mi sarebbe bastata anche una delle tutine di Heather, tipo quella di Disco Bambina, per rivivere, anche solo per un attimo, quegli anni felici, spensierati quando il sabato sera, dopo il bagno caldo, ti infilavi il pigiamone e, con il boccone in bocca, abbandonavi la cucina per sederti in salone a goderti un bel FANTASTICO. Oppure una Buona Domenica con la coppia Cuccarini\Columbro. Ero più grandicella allora, ma la passione per il ballo non mi aveva abbandonata e, ogni domenica, avevo appuntamento con Lorella per ballare la sigla...Liberi, Liberi... Mi sono trovata spesso a Roma a fantasticare davanti al Teatro delle Vittorie che, a vederlo dal vivo, mi ha un po'deluso. Da provincialotta qual ero, lo immaginavo enorme, un po'come Roma, invece non è così. Ma resta comunque il Teatro delle Vittorie, come l'Ariston per chi sogna Sanremo, è un tempio a prescindere. A risentirle oggi quelle canzoni, e a rivedere i video, mi accorgo di come la tv commerciale abbia operato sulle nostre menti. Da bambina associavo automaticamente una marca ad un prodotto. Per esempio, nel video della Notte Vola della Cuccarini, ricordavo che ci fosse una cucina, una pentola piena d'acqua, dei piatti e... Un pacco di pasta Barilla! Della pasta neanche l'ombra, il resto invece è presente, anche se è del tutto fuori contesto. Mi spiegate cosa ci fa una ballerina bionda su una moto in una cucina? Ho capito che la Cuccarini era la nuova testimonial di Scavolini, la cucina più amata dagli italiani, ma non puoi piazzare mensole e fornelli dappertutto. Nonostante questo, quella tv mi manca molto. La musica, la professionalità, la serenità e anche il luccichio delle paillette. Chissà cosa accadrebbe se al posto di una noiosa puntata di Porta a Porta, mandassero in onda Fantastico 7 insieme con una performance di Alessandra Martines. Chissà che effetto avrebbe sugli italiani vedere più spettacolo vero e meno politica, meno politici, meno chiacchiere e cronaca nera, più teatro, lirica e balletto in tv, in PRIMA SERATA. Troppa evasione forse? Non ce lo meritiamo, mi chiedo e vi chiedo, un po'di sano varietà in questa bislacca società dove ogni cosa è in crisi? Vabbè, per fortuna c'è Youtube, e possiamo fare finta che Maria De Filippi, Bruno Vespa, Carlo Conti, le veline, le shampiste, Belen e altre, non esistano affatto e non siano mai esistiti, e la domenica o il sabato, quando ci pare, ci concediamo ancora di sognare. Forse è proprio nei momenti peggiori che si ha la necessità di rifugiarsi negli anni migliori, quando Grillo faceva il comico e non il politico. Allora, tenetevi forte che... SI VOLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!

venerdì 1 novembre 2013

#regionalibas: Il donatore di lavoro

Tempo di elezioni e di promesse elettorali. In Basilicata, per alcuni, la posta in gioco è sempre la stessa: il lavoro che non c'è
Un genitore lucano che, in piena campagna elettorale, vede il figlio disoccupato uscire di casa molte volte al giorno, pensa che potrebbe avere faccende da sbrigare, che forse ha dei problemi di cui non può parlare ai genitori, o che magari, non so, invia cv o domande di partecipazione a selezioni di vario genere via posta? No, il genitore lucano medio, compiaciuto, domanda:"Ma... Quindi... Hai trovato qualcuno che ti dà un po'di lavoro?". Traduzione per gli ingenui:"Quindi ti sei messo appresso ad uno dei candidati? Fai lo schiavo perché ti ha promesso un posto di lavoro?". Se la risposta fosse"Sì", il genitore si complimenterebbe col figlio, sfigato, escluso dal mercato del lavoro, poiché finalmente ha capito che senza santi in paradiso non si va da nessuna parte e che se VUOLE DAVVERO UN LAVORO deve rivolgersi ai POLITICI. Divinità macilente, capaci di ingurgitare quintalate di pane e salsicce, e di creare posti di lavoro dal nulla, senza bisogno di creta o fango, con l'ausilio di una semplice macchina fotocopiatrice piazzata in un corridoio del palazzo regionale. Ci sarà pur bisogno dell'ennesimo "addetto alle fotocopie" o no? Altrimenti ricorriamo al concorso pilotato, sempre che il fanciullo da piazzare sia laureato. Et voilà, il voto per le regionali è assicurato. Ora, i lettori di questo blog tenderanno a parteggiare per il figlio e se la prenderanno col genitore disperato. Ma chi è il vero colpevole in questa tenzone? L'assassino non compare. E' assente benché venga più volte nominato. Ovvero, Il POLITICO, sedicente deus ex machina e gallina dalle uova d'oro che, da sessant'anni, si procaccia preferenze in tal modo. Mi dicono fonti autorevoli che, nella campagna elettorale in corso, sono stati già avvistati molti di questi maghi Merlino, gente abituata ad ampliare il bacino di voti e procacciarsi nuovi elettori promettendo lavoro, contratti e chissà cosa. A costoro faccio un appello: SMETTETELA! Noi elettori non siamo stupidi! Noi elettori siamo stufi di essere presi in giro e soprattutto abbiamo una dignità. Il lavoro è un diritto, non un favore. Il lavoro non si riceve in dono, ma si ottiene, si merita. Il lavoro è una necessità e non si specula su di esso. Rientriamo in casa e vediamo come si è conclusa la discussione tra figlio disoccupato e genitore disperato. "Papà veramente io il lavoro me lo trovo da solo!" "Ah. E come?" "Sto facendo dei colloqui in un'azienda e ci sono buone probabilità di assunzione". Il genitore disperato sgrana gli occhi sbigottito mentre il figlio disoccupato fa spallucce e infila nuovamente la porta. La politica non c'entra. E ci auguriamo che smetta di c'entrare in tutto quanto accade nella nostra regione.

martedì 17 settembre 2013

#Paesituoi

Finita l'estate gli studenti e i lavoratori fuori sede lasciano i loro paesi natii. La Basilicata si svuota, con grande rammarico da parte chi, suo malgrado, ha deciso di restare.
Tutti se ne vanno. Tutti ve ne andate. E inesorabilmente ci salutiamo con un abbraccio furtivo, un bacio sulla guancia, una pacca sulla spalla. Le strade si svuotano. Sul paese cala in silenzio. Tutti ve ne andate e noi restiamo sempre più soli. Non bastano poi quelli che erano già andati. Se ne vanno anche altri. Sparite a frotte. Non ci date il tempo di accorgercene che voi non ci siete già più. Tutti ve ne andate. E mi sembra che diventiate grandi. Molto più grandi di noi che restiamo. Voi inseguite i sogni. Volate in alto. Tornate lontano. E noi restiamo qua a ricordavi che c’è stato un tempo in cui eravamo tutti nello stesso luogo, voi andati e noi rimasti, tutti non emigrati, tutti insieme come quando voi eravate piccoli e noi un po’più grandi e passavamo i pomeriggi all’ACR. Ma non potevamo rimanere piccoli per sempre? Non ci potevano imprigionare sull'isola che non c’è? Non ci sarebbero stati addii, ritorni, soggiorni e partenze. Nessuno sarebbe cresciuto, nessuno sarebbe stato costretto ad allontanarsi per lavorare, nessuno si sarebbe sposato altrove, non ci saremmo separati e gli inverni sarebbero stati simili alle estati. Certo lo so: voi che ve ne andate fra qualche mese ritornerete, ma sarà solo fra qualche mese, e non sarà più estate, e resterete, ma solo per qualche giorno. Perché voi che ve ne andate, di solito, non tornate. Dedicata ai ragazzi del "Collettivo" e a tutti quelli che ho salutato in questi giorni, mesi, anni. P.s: Felice, lo so cosa stai per dire:"Si fatt vecchi!"...Un po'di rispetto per gli anziani!