sabato 28 aprile 2012

Monn era, Monn è e Monn sarà

Aspettando l'autobus di Liscio, a Potenza, si possono fare degli interessanti studi antropologici. Basta uscire dalla propria auto, piazzarsi con un giornale in mano a via Zara, drizzare le antenne e carpire i discorsi dei passanti. Una donna discinta, con indosso un paio di pantaloni della tuta fucsia, una maglia a righe bianche e nere e un trench spinge vigorosamente un passeggino, a bordo un bimbo curioso si guarda intorno preoccupato. Forse che sua madre sta esagerando, forse al bimbo non va di essere strattonato, magari preferirebbe una mano più dolce... Ma la donna è di fretta e lancia avanti il suo bebè senza alcun riguardo. Finalmente si ferma e prende a chiacchierare animatamente con un'altra donna. L'autobus che attendeva sembra sia arrivato. Scende suo marito, lei lo ignora, gli consegna le chiavi dell'auto e lo spedisce lontano. Il discorso che sta facendo è troppo importante, il consorte può anche aspettare. Quando si tratta di letti, matrimoni e vecchi difetti, le pettegole timorate di Dio perdono ogni ritegno. Donna con passeggino:"Io sono stata una che si è sposata a 35 anni, mio marito ne aveva 44, e ancora parlava di convivenza. Ma quale convivenza? Ti devi sposare!", e con vigore dà una spinta al passeggino, il pargolo a questo punto teme di essere spedito per sempre nello spazio. La donna costumata, leggermente in sovrappeso, solleva la pianta della scarpetta da tennis destra e continua:"Queste ragazze di mo' non sanno cosa è il rispetto!". E, l'altra, in divisa da borghese, jeans firmato, trench attillato e bauletto, stringendo il manico della borsa, annuisce:"Noi eravamo diverse...Adesso persino i matrimoni sono una farsa. Che senso ha?". Sembra che abbia toccato un tasto dolente. La donna costumata arriccia il naso, arrotola le maniche del trench e si lancia nella mischia. Le sue guance rubizze si tingono di rosso. Sputa fumo dalle narici e sbuffa: "Ieri mi ha chiamata mia cognata, si sposa tra qualche giorno e mi ha chiesto se andavo a vedere il primo letto...Questa è stata fidanzata tanti anni, si è fatta le vacanze, i week end, è andata in giro. Quante volte ti sei andata a coricare col tuo futuro marito e mo parli di primo letto? Beh, avrei voluto dirle: 'Ma non ti vergogni?'...". La borghese, sentendosi in difetto, prova ad aggiustare il tiro. "Siamo giovani, si sa come vanno queste cose", replica nel vano tentativo di spezzare una lancia a favore della cognata libertina. Ma la paladina del matrimonio perfetto non ci sta e si adira. "Io non sono andata mai girando, sono stata sempre in casa. Allora sì primo letto, ma mo che sono queste cose? Queste fanno schifo, è vergognoso! E con questo chiudo. Buonasera". Il fanciullo nel passeggino aveva appena tirato un respiro di sollievo quando si vede nuovamente lanciato nell'etere dalla madre-moglie ineccepibile che, dopo aver sputato sentenze su chicchesia, si è ricordata di avere un marito stanco ad attenderla in macchina e se ne va sculettando, fiera della sua condotta pre-matrimoniale. "Che donna seria... Donna di altri tempi!", commentano nel frattempo gli astanti tutti concordi tranne la borghese che nasconde il suo bauletto dietro la schiena e riflette sulla sua vita. Forse si starà domandando se sarebbe stata assolta dalla scarmigliata Buon Costume che è appena andata via. Un'ingenua bontempona, molto bigotta, a mio parere, che ancora si racconta e racconta la favola dei tempi che furono. Mia nonna, salita sull'altare col ventre rigonfio, dice sempre:"Monn (mondo) era, monn è e monn sarà". La differenza tra ieri e oggi è che prima molte cose non si sapevano né si dicevano o facevano apertamente, ora c'è meno ipocrisia. Anche la chiesa ha perso il suo pacchetto di voti e fa meno proseliti. Sul dilemma matrimonio\ convivenza non mi esprimo, ci dovrebbe essere almeno la possibilità di scelta. Ma questa è una stortura propria di una stato non pienamente laico come quello italiano e, a mio avviso, fastidiosamente paternalista. Bisognerebbe invece riflettere sulla convivenza di innovazione e tradizione. Nonostante i tempi siano cambiati, poche donne arrivino illibate al matrimonio, il "primo letto" resiste. La tradizione continua ad essere rispettata. Perché? Le figlie si comportano come le loro madri, emule delle nonne che, già all'epoca, non erano state sempre fedeli ai dettami del credo cattolico e della morale comune. Mi viene in mente al tal proposito una scena del film Almanya in cui tre generazioni di donne sono a confronto: la figlia ventenne incinta del convivente, la madre ultra quarantenne che ha appena appreso la novità e la nonna. In quell'occasione la madre viene a sapere che anche sua madre (cioè la nonna) aveva concepito prima del matrimonio e basita esclama:"Quindi io sono l'unica rispettabile della famiglia?". Ebbene sì. Monn (mondo) era, monn è e monn sarà. E, dunque, cara la mia bigotta in tuta che si fa i muscoli spingendo passeggini, sua cognata non deve vergognarsi proprio di nulla: non ha commesso nessun peccato, non ha danneggiato né offeso nessuno, forse, dovrebbe mettere solo da parte certe tradizioni obsolete. Ma se a lei va di mostrare a tutti il letto in cui dormirà da donna maritata, mi chiedo: che male c'è?

giovedì 5 aprile 2012

Dizionario precario: le parole che i nostri genitori non possono capire

Il lavoro precario ha modificato il nostro modo di esprimerci e di comunicare. Molte parole sono entrate a far parte del nostro vocabolario. E tante altre, esistenti, risultano obsolete e causano profonde incomprensioni. Il cambiamento del mondo del lavoro ha determinato una rivoluzione copernicana finanche nella comunicazione, aumentando il gap tra le due generazioni che ogni giorno, a tavola, a casa, negli uffici, nel modo, si trovano a confrontarsi. (Eduardo De Filippo questi fantasmi, le parole dei giovani). La generazione dei “garantiti”, quelli che hanno impostato la loro esistenza alla ricerca del posto fisso, si sono resi autonomi perché i loro contratti sono sempre stati a tempo “indeterminato” e qualsiasi sacrificio abbiano fatto era finalizzato al raggiungimento di un unico obiettivo finale, e la generazione degli “sfigati”, coloro i quali vivono in un video gioco dai quadri infiniti, dove non vi è alcuna certezza e inseguendo un unicorno dal nome “stabilità” si viene costantemente sconfitti e si è costretti a ricominciare da capo perdendo i punti guadagnati nelle vite precedenti. I garantiti sono arrivati subito alla fine del gioco. Gli è bastata una sola vita per procacciarsi il bottino. Conoscevano a memoria il percorso, era anche esso predefinito, simile per tutti. Non c’erano scorciatoie né strade tortuose o insormontabili colonne d’ercole, nel video gioco dei garantiti al superamento di una prova corrispondeva una determinata ricompensa, l’eroe del video gioco, un ometto con le spalle larghe e lo sguardo rivolto al futuro colleziona punti e trofei fino a che arriva all’ultimo quadro: contratto a tempo indeterminato. Lo sfigato no. Il precario rischia di rimanere collaboratore a vita e di dover provvedere a sé nei mesi di magra con quello che è riuscito a mettere da parte. Ma vallo a spiegare ad un genitore che il frutto della tua collaborazione mensile non può essere assolutamente definito “stipendio”! Ogni tentativo di instaurare un dialogo con un sordo risulta disastroso. Di questi esempi ce ne potrebbero essere a bizzeffe. Il primo termine che mi è venuto in mente è proprio “lo stipendio” che potrebbe essere sostituito dal termine “paga” ad esempio, sarebbe più corretto e quanto meno genererebbe minori incomprensioni e non ci si troverebbe ad essere accusati ingiustamente di lesinare solo perché proviamo a farci bastare quanto ottenuto in attesa di un altro lavoro e soprattutto in assenza di un’indennità di disoccupazione. Dunque ora chiedo a voi, a chi segue questo blog, qualora io abbia dei seguaci, di raccontarmi la propria storia di precario incompreso.