martedì 31 dicembre 2013

Welcome Mr. 2014!

Caro 2013, 

come tutti gli anni dispari, che io detesto, ti sei reso particolarmente antipatico.
 Cosa mi hai portato? Non certo buoni frutti. Non avevo mai sentito parlare della "psoriasi guttata" e orrende pustole rosse si sono accampate sul mio corpo causandomi fastidi e dolori per tutta l'estate. Per non parlare della febbre, della debolezza e delle brutte figure. 

Non mi ero mai accorta degli sguardi cattivi che le persone rivolgono a chi ha un problema dermatologico o estetico: di colpo ti senti un mostro. Per i medici diventi subito una modella di Medicina 33, per intenderci: una di quelle tizie stese su di un lettino del Policlinico con la faccia smunta e triste e qualche parte del corpo scoperta che si prende un altro malanno, oltre a quello che pare debba avere, solo perché un emerito professore si faccia della pubblicità, tutt'altro che a buon mercato, e Luciano Honder possa rovinarti il pranzo parlando di diverticoli e emorroidi in fascia protetta, cioè in orari in cui possono andar bene solo i Tg e Antonella Clerici. Le malate immaginarie saranno anche pagate ma la loro è una vita difficile, così come lo è stata la mia con il corpo maculato. 

Ho sempre odiato il leopardato e tu, caro 2013, me l'hai tatuato sull'epidermide. Permetti che io ti detesti un po'? Per non parlare dell'horror vacui, dell'assenza di prospettive e di un lavoro retribuito e dignitoso, perlomeno nella prima parte dell'anno. E della bigiotteria fatta persona che ho dovuto sopportare. 

Non ho mai visto tanto marketing in giro come quest'anno. L'ipocrisia in certi luoghi regna sovrana, meglio avvedersene in tempo, di questo 2013 ti ringrazio: di non avermi sottratto il mio spirito critico e la mia capacità di guardare oltre le apparenze. Doti che ho affinato col mestiere ma di cui per fortuna la natura mi ha ben dotata. Sento da lontano l'odore del tarocco piccolo borghese, delle santarelle mancate, che però ci provano con tutti i maschi in circolazione, e di chiunque pensi di potertela fare sotto il naso.

Ma, anche tu 2013, che tanta sfortuna hai donato, qualcosa di buono l'hai lasciato. E allora, stamane, io faccio un po'di pulizie nel mio baule. Ripongo in esso: l'amore della mia vita, che illumina i miei giorni col suo indescrivibile sorriso; i miei cugini e la mia famiglia (siamo un sacco di persone inclusi i nuovi arrivati); gli amici e le amiche, quelli di sempre, vicini e lontani; le mie sorelline sparse per il mondo, la piccola Erica e la squinternata Stefania; le mie amicizie romane che mi mancano tanto; Miriam che mi dà la carica e Cinzia con i suoi saggi consigli; i miei goielli ovvero la mia discepola Michela e tutti i ragazzi pignolesi con cui ancora oggi mi trovo a collaborare o ad essere in contatto (compresi i miei cugini): la MEGLIO GIOVENTU'in tutti i sensi e lo dico con orgoglio; le mie nuove compagne social e i miei(nostri) amici potentini, napoletani doc, calabresi ecc, quelli e quelle vere di cui ci si può fidare e non sono in molti(grazie Paola che ci sei- per citarne una speciale); nonché tutti miei colleghi, le persone con cui ho avuto e avrò l'onore e il piacere di lavorare e infine i miei libri, le miei letture e i lettori di questo strampalato blog e lo chiudo a chiave.

 Tutti voi verrete con me nel nuovo anno e sono certa che lo renderete meraviglioso. Tu, mio morente 2013, sei stato l'anno della semina, se non sbaglio, dunque, il 2014 dovrebbe essere l'anno del raccolto. Speriamo che il lavoro svolto e da svolgere porti buoni frutti: la casetta della felicità è ancora in costruzione, ma non manca molto per terminarla.
 Bye Bye 2013, Bievenido 2014! P.S: Ah dimenticavo, del 2013 butto via anche scontrini e Vivident...Così, tanto per scongiurare l'avvento di altri LADRI!

lunedì 9 dicembre 2013

I misteri della fede: gli Hare Krishna sbarcano a Potenza.

Strani incontri nel capoluogo. Capita che in un supermercato potentino la squinternata affamata s'imbatta in un monaco induista. Le vie del Signore sono infinite.
"La fame fa brutti scherzi" è un mantra che ho coniato qualche sera fa mentre facevo il mio ingresso in un supermercato di Potenza. Mi era sembrato di vedere un monaco vestito d'arancio, un seguace di Krishna è chiaro. "Non è possibile, ho talmente tanta fame che comincio ad avere le visioni", mi sono detta. "A Potenza gli Hare Krishna non si sono mai visti, smettila di farneticare e compra da mangiare prima che la follia abbia il sopravvento", mi ammoniva la mia coscienza. Ok, mi dirigo verso il banco dei salumi, prendo il mio numeretto e mi metto in coda. Mi volto e la presunta visione mi si avvicina. Si tratta di un ragazzo sulla trentina, pelato, che indossa una giubba verde sull'abito color "zafferano" (giallo\arancio). Mi sorride e mi porge un libro dicendomi che vorrebbe parlarmi di Krishna e del suo messaggio. Io adoro gli Hare Krishna, a Roma li vedevo spesso in giro con i loro tamburelli, mi sembravano dei folletti in festa, allegri e pacifici. Le signore in attesa di affettati e formaggi mi guardano inorridite. Una bambina tira la giacca alla mamma indicando "quello strano signore vestito da carnevale", la madre la zittisce:"E'un monaco!". Nessuno però osa avvicinarlo, tutti scuotono il capo quando il folletto indù tenta un approccio. Tendere il libro per fare proseliti è una pessima strategia di marketing, è vero che i testi induisti non assomigliano affatto ai depliant illustrati dei testimoni di Geova, però la tattica è la stessa, la gente si confonde e scappa. Tanto più che i potentini non sono abituati a vedere monaci induisti in giro per la città, nei supermercati per giunta, dove alle otto di sera il pensiero è uno solo:cosa preparo per cena? Mettici pure che siamo montanari, diffidenti per natura, e va da sé che il povero monaco gironzoli tra gli scaffali alla disperata ricerca di interlocutori che si limitano a scrutarlo da lontano ma, appena lui si avvicina, gli voltano le spalle. Io non avevo molti soldi con me. E, pur essendo interessata alla pubblicazione, per evitare di consegnare ben presto la mia anima ad un qualsivoglia essere divino, sono stata costretta a dare la precedenza allo stomaco. L'hare krishna ha storto il naso, tuttavia era nel suo interesse attendermi e si è adeguato. Quando mi sono riavvicinata, sotto lo sguardo vigile della cassiera, della bambina curiosa e della madre e di molta altra gente che si nascondeva dietro pacchi pasta e merendine, ho notato che il gracile religioso aveva uno strano colorito, da attribuire forse alla cucina macrobiotica. Gli adepti di Krishna, infatti, non mangiano né carne né pesce né uova; pensa tu che sofferenza deve essere stata per lui aggirarsi tra gli scaffali traboccanti di tutta questa roba! Questo ci dà la misura della nostra città. In giro non c'è nessuno. La gente, che si muove rigorosamente in macchina, affolla i centri commerciali e gli ipermercati. La crisi è la crisi ma per la mamma lucana il cibo viene prima di ogni cosa. Primo comandamento della brava massaia: praticare sempre la cucina antisciupo. Il grasso è bello, il magro è malato anzi "sciupato", che è peccato! Comunque, alla fine, convinta dalle argomentazioni del monaco, da cliente già ben predisposta all'acquisto poiché affascinata dall'Oriente e dalle sue filosofie di vita, ho acquistato il libro. L'hare Krishna veniva dall'Umbria. Ogni quattro anni circa la sua comunità si mette in viaggio per la Basilicata. "Non veniamo spesso qui, la Basilicata è lontana". "Beh- avrei voluto rispondergli- a conti fatti non lo sarebbe, il problema è che la Basilicata è isolata, mal collegata". Nonostante la carenza di infrastrutture, però, i missionari induisti di tanto in tanto vengono a farci visita e sconvolgono il trantran quotidiano di un microscopico capoluogo. Felice e sorridente, il folletto mi ha salutato ed è fuggito via. Appena mi sono avvicinata alle casse per pagare, la cassiera stanca mi ha interrogata:"Ma quanto costava il libro? A me la cosa interessava ma qui non ho avuto un attimo di tregua!". "Offerta libera, o quasi", ho replicato."Gli ho dato 3 euro e 50 in tutto, non avevo altro". La cassiera ha sorriso e ha seguitato a battere scontrini, sbagliando e commentando ad alta voce:"Mamma mia stasera non ne combino una buona!". Forse una chiacchiera con l'inusuale cliente le avrebbe fatto bene, perlomeno, anche se per poco, le avrebbe fatto dimenticare le fatiche del suo vivere quotidiano e quella folla di consumisti accaniti che brandiva panettoni in offerta. Attraversando le strade deserte della città a tarda sera, ho notato che accanto ai tanti negozi chiusi, le sale scommesse e slot, le "macchinette", proliferano e, un po'come i supermercati, sono sempre piene. La gente fa la fila per tentar la fortuna. Uno dei principi regolatori del movimento spirituale Hare Krishna è "non praticare il gioco d'azzardo". Forse, in una città come la nostra, dove tanti sedicenti "cristiani" piccolo borghesi dilapidano i loro averi nelle sale giochi, le prediche dei monaci orientali venuti da lontano sarebbero molto più efficaci dei sermoni sull'argomento pronunciati da un vescovo con le mani sporche. MISTERO DELLA FEDE!

domenica 17 novembre 2013

Ho tanta nostalgia...Degli ANTA!

Riflessioni nostalgiche di una fanciulla nata negli anni '80, quando in tv ballavano la Cuccarini e Heather Parisi, Grillo faceva il comico, e ci si intratteneva con gli artisti, non con politici e veline.
Nelle ultime settimane mi crogiolo nei ricordi dell'infanzia. Il regredir mi è dolce negli anni '80/'90. E mi accorgo di avere molta nostalgia della tv di allora, dei personaggi, delle soubrette eleganti e rassicuranti, dei varietà e soprattutto dei balletti straordinari che mandavano in tv il sabato sera o, più tardi, la domenica pomeriggio. Ho iniziato così a danzare da bambina. Mi incantavo a guardare le piroette della Cuccarini e le spaccate di Heather Parisi e tentavo disperatamente di emularle. Chiedevo spesso a mia madre di guardare Hello Spenk. Ma quando apparivano le ballerine bionde, mi imbambolavo e dopo un po'prendevo ad ancheggiare come loro. La danza, quella vera, all'epoca, era sempre in tv. Capitava che apparisse persino Carla Fracci o che a Fantastico danzasse Raffaele Paganini. Per non parlare di loro, le ballerine bionde dai corpi sinuosi. Tutte avevano studiato danza classica. E tecnicamente, soprattutto alcune, erano perfette. A me importava poco di raggiungere la perfezione. Mi bastava riuscire a fare la spaccata fino a terra e alzare la gamba in alto come Heather Parisi. Pensavo che fosse questo il requisito più importante per diventare una ballerina vera. Punte, tutù, scarpette e spaccate. Ma bisognava esercitarsi tanto per essere come loro, davanti la tv e a scuola. E vai con le spaccate senza riscaldamento, le ruote a ripetizione prima di iniziare la lezione o le prove per il saggio. I crampi notturni erano assicurati. "Ma chissenefrega,- pensavo- se questo mi porterà ad essere come Lorella, ben venga!". Ed ora, a 30 anni, la domenica quando accendi la tv e ti trovi l'Arena di Giletti, cambi canale e incontri la faccia butterata di Barba D'Urso o il solito politico dall'Annunziata, ti assopisci sul divano e sogni...LORO! Partono le prime note de La notte vola, io vestita come Lorella (maglia e gonna bianca con bottoni dello stesso colore) e pettinata anche peggio, comincio a muovere le mani e....Vola con tanto fiato in gola, il buio si innamora, la notte vola!!!, canto a squarciagola senza vergogna alcuna. Sì, lo ammetto: l'ho cercato in tutti i negozi vintage di Roma quel completo anni '80... Per non parlare del chiodo bianco! Giuro che se li avessi trovati, li avrei comperati subito. Che coatta, vero? Forse un po'. Però mi sarebbe bastata anche una delle tutine di Heather, tipo quella di Disco Bambina, per rivivere, anche solo per un attimo, quegli anni felici, spensierati quando il sabato sera, dopo il bagno caldo, ti infilavi il pigiamone e, con il boccone in bocca, abbandonavi la cucina per sederti in salone a goderti un bel FANTASTICO. Oppure una Buona Domenica con la coppia Cuccarini\Columbro. Ero più grandicella allora, ma la passione per il ballo non mi aveva abbandonata e, ogni domenica, avevo appuntamento con Lorella per ballare la sigla...Liberi, Liberi... Mi sono trovata spesso a Roma a fantasticare davanti al Teatro delle Vittorie che, a vederlo dal vivo, mi ha un po'deluso. Da provincialotta qual ero, lo immaginavo enorme, un po'come Roma, invece non è così. Ma resta comunque il Teatro delle Vittorie, come l'Ariston per chi sogna Sanremo, è un tempio a prescindere. A risentirle oggi quelle canzoni, e a rivedere i video, mi accorgo di come la tv commerciale abbia operato sulle nostre menti. Da bambina associavo automaticamente una marca ad un prodotto. Per esempio, nel video della Notte Vola della Cuccarini, ricordavo che ci fosse una cucina, una pentola piena d'acqua, dei piatti e... Un pacco di pasta Barilla! Della pasta neanche l'ombra, il resto invece è presente, anche se è del tutto fuori contesto. Mi spiegate cosa ci fa una ballerina bionda su una moto in una cucina? Ho capito che la Cuccarini era la nuova testimonial di Scavolini, la cucina più amata dagli italiani, ma non puoi piazzare mensole e fornelli dappertutto. Nonostante questo, quella tv mi manca molto. La musica, la professionalità, la serenità e anche il luccichio delle paillette. Chissà cosa accadrebbe se al posto di una noiosa puntata di Porta a Porta, mandassero in onda Fantastico 7 insieme con una performance di Alessandra Martines. Chissà che effetto avrebbe sugli italiani vedere più spettacolo vero e meno politica, meno politici, meno chiacchiere e cronaca nera, più teatro, lirica e balletto in tv, in PRIMA SERATA. Troppa evasione forse? Non ce lo meritiamo, mi chiedo e vi chiedo, un po'di sano varietà in questa bislacca società dove ogni cosa è in crisi? Vabbè, per fortuna c'è Youtube, e possiamo fare finta che Maria De Filippi, Bruno Vespa, Carlo Conti, le veline, le shampiste, Belen e altre, non esistano affatto e non siano mai esistiti, e la domenica o il sabato, quando ci pare, ci concediamo ancora di sognare. Forse è proprio nei momenti peggiori che si ha la necessità di rifugiarsi negli anni migliori, quando Grillo faceva il comico e non il politico. Allora, tenetevi forte che... SI VOLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!

venerdì 1 novembre 2013

#regionalibas: Il donatore di lavoro

Tempo di elezioni e di promesse elettorali. In Basilicata, per alcuni, la posta in gioco è sempre la stessa: il lavoro che non c'è
Un genitore lucano che, in piena campagna elettorale, vede il figlio disoccupato uscire di casa molte volte al giorno, pensa che potrebbe avere faccende da sbrigare, che forse ha dei problemi di cui non può parlare ai genitori, o che magari, non so, invia cv o domande di partecipazione a selezioni di vario genere via posta? No, il genitore lucano medio, compiaciuto, domanda:"Ma... Quindi... Hai trovato qualcuno che ti dà un po'di lavoro?". Traduzione per gli ingenui:"Quindi ti sei messo appresso ad uno dei candidati? Fai lo schiavo perché ti ha promesso un posto di lavoro?". Se la risposta fosse"Sì", il genitore si complimenterebbe col figlio, sfigato, escluso dal mercato del lavoro, poiché finalmente ha capito che senza santi in paradiso non si va da nessuna parte e che se VUOLE DAVVERO UN LAVORO deve rivolgersi ai POLITICI. Divinità macilente, capaci di ingurgitare quintalate di pane e salsicce, e di creare posti di lavoro dal nulla, senza bisogno di creta o fango, con l'ausilio di una semplice macchina fotocopiatrice piazzata in un corridoio del palazzo regionale. Ci sarà pur bisogno dell'ennesimo "addetto alle fotocopie" o no? Altrimenti ricorriamo al concorso pilotato, sempre che il fanciullo da piazzare sia laureato. Et voilà, il voto per le regionali è assicurato. Ora, i lettori di questo blog tenderanno a parteggiare per il figlio e se la prenderanno col genitore disperato. Ma chi è il vero colpevole in questa tenzone? L'assassino non compare. E' assente benché venga più volte nominato. Ovvero, Il POLITICO, sedicente deus ex machina e gallina dalle uova d'oro che, da sessant'anni, si procaccia preferenze in tal modo. Mi dicono fonti autorevoli che, nella campagna elettorale in corso, sono stati già avvistati molti di questi maghi Merlino, gente abituata ad ampliare il bacino di voti e procacciarsi nuovi elettori promettendo lavoro, contratti e chissà cosa. A costoro faccio un appello: SMETTETELA! Noi elettori non siamo stupidi! Noi elettori siamo stufi di essere presi in giro e soprattutto abbiamo una dignità. Il lavoro è un diritto, non un favore. Il lavoro non si riceve in dono, ma si ottiene, si merita. Il lavoro è una necessità e non si specula su di esso. Rientriamo in casa e vediamo come si è conclusa la discussione tra figlio disoccupato e genitore disperato. "Papà veramente io il lavoro me lo trovo da solo!" "Ah. E come?" "Sto facendo dei colloqui in un'azienda e ci sono buone probabilità di assunzione". Il genitore disperato sgrana gli occhi sbigottito mentre il figlio disoccupato fa spallucce e infila nuovamente la porta. La politica non c'entra. E ci auguriamo che smetta di c'entrare in tutto quanto accade nella nostra regione.

martedì 17 settembre 2013

#Paesituoi

Finita l'estate gli studenti e i lavoratori fuori sede lasciano i loro paesi natii. La Basilicata si svuota, con grande rammarico da parte chi, suo malgrado, ha deciso di restare.
Tutti se ne vanno. Tutti ve ne andate. E inesorabilmente ci salutiamo con un abbraccio furtivo, un bacio sulla guancia, una pacca sulla spalla. Le strade si svuotano. Sul paese cala in silenzio. Tutti ve ne andate e noi restiamo sempre più soli. Non bastano poi quelli che erano già andati. Se ne vanno anche altri. Sparite a frotte. Non ci date il tempo di accorgercene che voi non ci siete già più. Tutti ve ne andate. E mi sembra che diventiate grandi. Molto più grandi di noi che restiamo. Voi inseguite i sogni. Volate in alto. Tornate lontano. E noi restiamo qua a ricordavi che c’è stato un tempo in cui eravamo tutti nello stesso luogo, voi andati e noi rimasti, tutti non emigrati, tutti insieme come quando voi eravate piccoli e noi un po’più grandi e passavamo i pomeriggi all’ACR. Ma non potevamo rimanere piccoli per sempre? Non ci potevano imprigionare sull'isola che non c’è? Non ci sarebbero stati addii, ritorni, soggiorni e partenze. Nessuno sarebbe cresciuto, nessuno sarebbe stato costretto ad allontanarsi per lavorare, nessuno si sarebbe sposato altrove, non ci saremmo separati e gli inverni sarebbero stati simili alle estati. Certo lo so: voi che ve ne andate fra qualche mese ritornerete, ma sarà solo fra qualche mese, e non sarà più estate, e resterete, ma solo per qualche giorno. Perché voi che ve ne andate, di solito, non tornate. Dedicata ai ragazzi del "Collettivo" e a tutti quelli che ho salutato in questi giorni, mesi, anni. P.s: Felice, lo so cosa stai per dire:"Si fatt vecchi!"...Un po'di rispetto per gli anziani!

lunedì 26 agosto 2013

L'inquilina indesiderata: la psoriasi guttata

Lettere aperta a Pust e ai suoi sodali. Un manipolo di pustole fastidiose e pruriginose. La chiamano Psoriasi Guttata, io l'ho ribattezzata "Pust". La nostra convivenza è stata difficile e più volte ho esclamato:"Maledetto il giorno che t'ho incontrato! Anzi, che mi hai invaso".
Cara Pust, ormai sono due mesi che conviviamo e nonostante l'odio che ogni giorno ti dimostro tu non vuoi saperne di scomparire. Non avevo mai sentito parlare di te. Certo conoscevo la "Psoriasi", una malattia della pelle che tramuta il tuo corpo in una tutina maculata, la tua testa in una superficie squamosa, e te in un essere mostruoso. Ma di te non avevo alcuna notizia. Non pensavo che un giorno avresti deciso di prendere dimora su di me. Sulle mie gambe, sulle mie braccia, sulla mia schiena e dovunque vi fosse della pelle da deturpare, eccetto che sul viso (per fortuna). Maledetta Pust. Quando ti ho avvistata per la prima volta, mi trovavo a Milano, nella doccia di mia zia. Mentre di lavavo nel box doccia fichissimo lasciato dalle ricche ereditiere sciupone dalle quali zia ha comperato casa, tra un idromassaggio e uno scrub, ho visto la mia schiena riflessa nello specchio della doccia e...Non era più la stessa! Una via lattea di puntini rossi si distendeva dalla scapola al fondo schiena. "Sarà eritema?", ho pensato. Sì, ma sulla schiena, in città...Non sono certo andata al master in bikini? "Sarà stato il sudore, sparirà", mi sono detta, serena. E invece no, Pust. Tu non sei scomparsa affatto. Eh, ti sei allargata, e anche troppo. In pochi giorni mi ha puntellato piedi, mani, pancia...Insomma: mi ha trasformato nella gonna di Minnie, senza alcuna autorizzazione, che modi sono? Ho capito che ti trovavi in presenza di una squinternata e che le stramberie da queste parti sono gradite, però non mi sembra di aver mai espresso ammirazione per il body painting né tanto meno per i pois sul corpo! Ma tu, da brava Lanzichenecca, barbara e maleducata, te ne sei fregata e hai occupato il mio epidermide manco fosse il teatro Valle! E prudevi, caspita come prudevi. E col sole diventavi sempre più rossa, sempre più evidente, capillare, insopportabile e fastidiosa. Non c'era antistaminico che bastasse. "Sì, ma cos'è?", "Di cosa si tratta?", "Cosa mi è successo?", chiedevo ai medici. "Potrebbe essere lo smog, il caldo, il sudore"- Prima ipotesi formulata senza vederti. "Cosa hai mangiato? Questa è allergia alimentare?"- Seconda ipotesi, prima visita medica familiare. Provo a difendendermi-"Ma sempre le solite cose: le ciliege, quelle di zia, che avevo già mangiato...Ah sì, e poi un gelato buonissimo al gusto Madagascar, col cioccolato bianco fuso nel cono!". Mio zio, medico, lisciandosi i baffi ( che nel suo linguaggio corporeo vuol dire: affermazione seria e incontrovertibile): "Io l'ho detto che tu mangi troppi gelati! Da domani niente gelato e niente cioccolata soprattutto. Potresti essere allergica al gelato". In quel frangente, Pust, se avessi potuto ti avrei uccisa con le mie stesse mani, ti avrei strangolata oppure picchiata e lasciata rantolante in una pozza di sangue sul pavimento. Pensiero stupendo:"In questo caso voglio morire, non mi frega niente ma se mi togliete i gelati è la fine di un'esistenza felice!". Prima che cercassi di articolare il mio pensare in parole dolci da proferire i medici di famiglia mi hanno zittita col cortisone. Fino a che non è arrivato il mio Salvatore, un dermatologo con i baffi che somigliava a Walter Siti. Perché tu pensavi che io mi sarei arresa Pust e avrei rinunciato a mangiare, a stare sveglia e avrei accettato di drogarmi di antistaminici? Ti sbagliavi. Walter Siti del Policlinico Umberto I ti ha stanato in un secondo. Sei stata subito identificata, terrorista da quattro soldi. "Ha avuto la febbre alta per caso e il mal di gola?", mi ha chiesto il luminare simil scrittore, professore del mio fratello dottore. Ed io:"Sì, a 39!". Ma Wonder Woman aveva troppo da fare per starsene al letto: c'era il matrimonio, il restauro, e poi la partenza per Milano. Quindi cosa vuoi che sia una febbre a 40 con faringite acuta il 13 di giugno? Si lotta! "Ok. Non c'è dubbio, questa è PSORIASI GUTTATA. Dobbiamo fare il tampone faringeo per vedere se lo streptococco che ha causato tutto è ancora presente e, se risulta positiva alle analisi, deve fare la PENICILLINA!". Che? In quell'istante nella mie mente è stato proiettato un film horror. Ero su un lettino d'ospedale con tanti aghi nel di dietro e urlavo come un'ossessa per il dolore, intanto sulla mia schiena tu avevi organizzato un rave con i mostricciatoli blu di Esplorando il Corpo umano (l'unica immagine che possedevo degli streptococchi). Così è iniziato il mio pellegrinaggio nelle farmacie, nei laboratori di analisi e ancora una volta dai dottori. Cortisone, antistaminico, antibiotico, sapone e unguento puzzolente. Tappa obbligata: mezzo chilo di gelato al cioccolato con un quintale di panna montata. Anche se cominciavo ad organizzare le mie vacanze a Lourdes, una soddisfazione almeno me la sono presa, mia cara e orribile Pust. Ma, nonostante i miei sforzi, i farmaci, l'assenza di penicillina ovvero la migrazione dello streptococco verso altre sfigate influenzate, tu seguitavi a rendere il tuo soggiorno sulla mia pelle sempre più spiacevole. Durante l'interrogatorio degli ultimi anticorpi rimasti, ha deciso di dichiararti "Prigioniera Politica" e ti sei rifugiata sulla mia schiena. C'era bisogno di infiammarti tanto, dico io? Nemmeno il ghiaccio è riuscito a placarti. Mio zio, quando ha visto l'armata rossa in marcia, ha sollevato il sopracciglio destro si e lisciato un solo baffo (e lì ho capito che la situazione era davvero grave). " Andiamo in Ospedale!", ha sentenziato. Ci risiamo. Ma stavolta non c'era Walter Siti a salvarmi. E, un esile omino in camice bianco, il primario credo, dopo avermi visitato, mi ha trattato come un caso disperato. Altra crema, niente unguento, antistaminico e...Medicinale. La ciclosporina, che, a giudicare dalle ennesime analisi che mi ha prescritto il Prof., fa abbastanza male. Sono passati più di due mesi, Pust. Sei cambiata, ti sei schiarita, hai abbandonato qualche presidio ma sei ancora qua. Abbiamo trascorso un'estate insieme, ti ho portata anche al mare in Croazia, in piscina, mi ha costretta a coprirmi, mi sono vergognata per la tua presenza, ho cercato di non lasciare tracce fotografiche del tuo passaggio, ho pianto dal dolore quando hai dato in pasto alle fiamme la mia schiena, iena, sono svenuta, un'estetista macellaia mi ha sfregiato una coscia a causa tua...Non credi che sia arrivata l'ora di interrompere la nostra relazione e di porre fine a questa occupazione senza ricorrere al veleno?

sabato 6 luglio 2013

Italo: il treno dei desideri

Personale efficiente. Tempi brevi. Viaggi piacevoli. Da Sud a Nord in un baleno. Il giorno in cui la squinternata ha scoperto che esiste un treno chiamato Italo che arriva anche prima dell'orario stabilito.
La tratta Potenza-Milano, qualche anno fa, mi sembrava infinita. Il Nord, nella mia mente terrona, e non solo in quella di mia nonna, mi appariva lontanissimo. Ore ed ore di autostrade senza fine, viaggi estenuanti in Eurostar con uno o due cambi, autobus che partono di notte e arrivano l'indomani mattina, extrema ratio: un areo da prendere comunque o a Napoli o Bari: perché se vivi in Basilicata sei consapevole, sin dalla nascita, che Cristo si è fermato ad Eboli e sta ancora aspettando l'autobus della Liscio. Ma da quando è arrivata l'alta velocità, ogni cosa si è illuminata. Mia nonna continua a ritenere che Milano sia troppo lontana, che non ci si possa fidare di gente che non sa cosa sia uno strascinato e mangia pane scipito e che non sia affatto salutare vivere in una città senza sole, io invece ho cambiato idea, quanto meno sulla distanza. Arrivare a Milano ormai è semplicissimo. In meno di sei ore, nell'arco di mezza giornata, ti ritrovi al lato opposto dello stivale. Certo, non accadrà mai che un treno ad alta velocità parta da Potenza, altrimenti che Basilicata cost to cost saremmo, è una questione di brand, ormai ci siamo posizionati come la terra della lentezza, dove ogni novità arriva in differita, persino la mafia, e...Squadra che vince non si cambia! Poi ti tocca anche sentirti dire dal solito politico-feudatario dal ventre gonfio oltre misura che dovremo rassegnarci (specialità in cui non ci batte nessuno) all'isolamento. Ergo: se a Cristo caso mai venisse in mente di venire a trovarci (magari per far visita al centro Oli di Viggiano, chissà), appena sceso da un treno ad alta velocità dovrebbe cercare di prendere il solito autobus della Liscio, o a Napoli o a Salerno, e sperare di arrivare in tempo per la messa delle sette a Potenza. Una bella sfida con tutte le deviazioni che ci sono. Ma lui, che è il Signore, può sempre fare un miracolo! Tornando a noi comuni mortali, dalle regioni limitrofe, la Campania se vivi a Potenza, la Puglia se abiti a Matera- dove, per inciso, non esiste neanche la ferrovia- pare che partano dei treni veloci che in meno di cinque ore( tempo di percorrenza della tratta Potenza-Roma a bordo di uno dei "confortevoli" autobus Liscio) ti portano sino a Milano! "Questa sì che una novità da testare subito", ho pensato appena appresa la notizia. Così, alla prima occasione utile, ho prenotato un viaggio su uno di questi mezzi di trasporto del 2020( tempo da calcolare in base al luogo di provenienza). Tutti mi consigliavano le frecce, l'alta velocità di trenitalia. Ma io ero stata sedotta da quei giovincelli in pullover bordeaux che avevo intravisto all'ingresso della stazione di Napoli in una sorta di acquario denominato "Casa Italo". Alcuni di loro, un incrocio tra Ken(marito di Barbie) e Jacopo di Centovetrine, fornivano indicazioni in inglese ai passeggeri, li aiutavano ad acquistare i biglietti alle macchinette e si rivolgevano loro in maniera assai gentile. Una rivoluzione in terra borbonica, signori. Dovevo provare assolutamente quel treno a forma di leprotto. Ricevere sorrisi dal personale di bordo e testare l'alta velocità di Montezemolo. Oh yes. Ed eccoci qua. Napoli-Milano: il mio primo viaggio con Italo. Smanetto un po'e compro un biglietto da 40 euro. Ambiente Smart, seconda classe cioè, carrozza cinema. Con un euro in più trascorrerò 5 ore guardando almeno due pellicole, credo. Un viaggio piacevolissimo. Appena prendo posto ricevo delle cuffiette bianche e rosse con lo stemma di Italo, le inserisco nell'apposita presa, e posso assistere come gli altri passeggeri alla proiezione del film. In meno di un'ora siamo a Roma-Tiburtina. Mi guardo intorno basita. E così per tutte le stazioni. Sul treno intanto c'è chi lavora al pc, chi carica il proprio smartphone, chi legge e chi come me si gode un bel film. Il codice del biglietto mi è stato inviato sul cellulare. Ai controllori, gentilissimi oltreché giovanissimi, servono le prime due cifre e poi non ti disturbano più; puoi immergerti nelle tue attività preferite. Se poi, durante il viaggio, ti viene fame, puoi o comperare qualcosa ai distributori presenti sul treno oppure gustare i prodotti di Eataly. I prezzi non sono molto accessibili, al contrario. Questo vale sia per la ristorazione che per i distributori. Vi sconsiglio di prendere un caffè o un cappuccino a bordo del treno di Montezemolo. Il cappuccino costa 2 euro e se doveste decidere di sorbirlo al vostro posto e non stando in piedi dinanzi al distributore, dovrete essere dei bravi equilibristi, altrimenti una bella macchia di caffè e latte sugli abiti non ve la toglie nessuno. Muoversi con disinvoltura, senza essere sballottati da un lato e dall'altro, su un treno ad alta velocità non è affatto semplice. Questa è l'unica controindicazione. Per il resto il treno Italo è un amore. Non tarda mai, anzi arriva persino in anticipo. Partendo alle 10:45 da Napoli, ad esempio, arriverete a Milano Rogoredo alle 15:00, però, a causa dello strapotere di Trenitalia, monopolista fino ad un annetto fa, vi toccherà aspettare che passino altri treni e quindi scenderete comunque dal vostro Italo alle 15:18 alla stazione di Milano Porta Garibaldi, orario d'arrivo stampato sul biglietto. Certo, venendo da Potenza, l'unico mezzo di trasporto pubblico economico per Napoli è l'autobus della Liscio, quindi è consigliabile avviarsi con largo anticipo. Se avete un treno Italo in partenza alle 11, è meglio che prendiate Liscio alle 6:00 del mattino e non alle 8:00, almeno non rischierete di perderlo né di cimentarvi in una disperata corsa ad ostacoli verso la stazione. Qualora ci restiate secchi, sulla soglia dell'aldilà qualcuno potrebbe rimproverarvi: "Io te l'avevo detto... Parola di Cristo!" Leggimi su Twitter e Pinterest:

martedì 25 giugno 2013

Fricchettona's life style

L'acquisto di una cavigliera a Napoli può tramutarsi in una lezione di vita. Basta incontrare la bancarellara più strampalata e chiacchierona del centro. Un certa Monica. E avere le facce da giornaliste, oltre che esserlo per davvero

Squinternata
Alle tre del pomeriggio di una domenica d'estate, abbastanza ventilata, due squinternate passeggiano per una Napoli semideserta e quasi silenziosa, in cerca di qualcosa da mangiare. Il Greco è chiuso, Sorbillo pure, e un tizio pelato che dovrebbe fare volantinaggio per una trattoria ci indica gli unici locali aperti(ovvero i suoi competitors!). E, dinanzi alla nostra perplessità, non potendo immaginare la nostra fame (roba che avrei trangugiato lui con tutti i suoi volantini), ci schernisce dicendo:"Signorì, avete scelto il giorno peggiore per mangiare. La domenica a Napoli e'pizzerie sono tutte chiuse!". Ma va? Ma non ce ne eravamo accorte! Comunque qualche buon samaritano lo troveremo, pensiamo, continuando a vagare per i vicoli. Io sto per proporre il terzo gelato alla mia amica squinternata Stefania quando lei avvista una delle nostre maggiori passioni "bancarella di orecchini e collane belle ma economiche", a misura di squattrinate croniche insomma. "Vediamo se questa ha una cavigliera!", esclama Stefania saltellando ed emettendo gridolini striduli. "Dai, la voglio anche io!", le faccio eco non immaginando a cosa saremmo andate incontro. La ragazza della bancarella, un'esile donnina freek, non se lo fa ripetere due volte e ci introduce nel misterioso mondo delle cavigliere. "Abbiamo quelle di ottone, queste molto belle" dice indicando delle catenine giallognole. Stefania storce il naso. I mie occhi, invece, sembra non si curino di quell'offerta, hanno già fatto la loro scelta: son caduti sulla cavigliera classica. E, prima che riescano a mettersi in contatto la mia bocca, Stefania ha già intimato alla fricchettona di mostrarcele. Quando si dice telepatia! Il prezzo è abbordabilissimo. Lei è gentile. Noi disposte all'acquisto. Le cavigliere sono nostre. Ora però bisogna indossarle. Secondo la bancarellara andrebbero messe a sinistra, anche se poi, se proprio si volessero seguire le tradizioni indiane, luogo di provenienza dei monili (chissà se è vero), ne dovremmo indossare due. "Perché loro equilibrano tutto.L'elemento femminile va sempre equilibrato con quello maschile. E una donna che indossa un solo orecchino in India è considerata una donna di strada". Noi, che vogliam far le morigerate, in onor delle vacche sacre, ci equilibriamo tra di noi. Stefania si fa legare il bracciale intorno alla caviglia sinistra, io intorno a quella destra. Intanto la commerciante ci chiede l'ora, sono quasi le tre e a breve ci dice dovrà smontare perché dovrà partecipare al Teatro Festival Napoli come artista di strada. La donnina riccioluta e dalle braccia villose si esibisce sui trampoli. "Bello!", dice entusiasta Stefania. La mia amica pensava di averle fatto un complimento lodando la sua arte, ma ha capito qualche lamentela più tardi che non era affatto così. Il pubblico, il privato, Il Sud, e... Topolino, Topoletto, zumbambà. La frikkettona dalla chioma incolta, apparentemente in pace col cosmo, molto peace and love, ad un tratto si rabbuia. I riccioli castani le si attorcigliano sulla nuca e dalle narici, anche'esse visibilmente VILLOSE, vengon fuori sbuffi di indignazione. E giù contro l'amministrazione che ti costringe a stare in piedi con i trampoli per due ore e mezza sui sampietrini o roba del genere, pretende da te professionalità e poi ti paga tra due anni, se tutto va bene. E lei, donna previdente con aspettative di vita molto risicate, prevede di fare intestare il tanto agognato assegno alla nipote. "Io mica lo so se ci sarò tra due anni...". Io e Stefania le diamo retta, ragione, ascolto, anche troppo. Stefania, da brava giornalaia, le pone delle domande e lei non ci pensa un attimo ad offrirci un approfondimento del caso con tanto di nomi surreali che, a giudicare dal suo modo di fare, dovremmo conoscere da sempre. "No perché voi non sapete come ti trattano questi della compagnia! IO devo andare lì, con i mezzi, mi pago tutto IO e non ho neanche il ritorno assicurato. Siamo cinque di noi, io..Alfonso...e altri amici...Allora io ho chiamato Topo (il capo) e gli ho detto:'Scusa Topo ma come torno io di là, di sera...con i trampoli da sola, macchine ce ne sono"... Manco a dirlo. Noi annuivamo e le continuava ad imprecare contro questo Geronimo Stilton che dirigeva i trampolieri. Il Topo capo, stronzo, non le poteva assicurare il ritorno e lei giù a narrarci tutte le angherie subite da lui e le varie discussioni avute, per un lavoro i cui frutti si sarebbero visti due anni dopo. La fricchettona, affetta da rattofobia, aveva rinunciato a "andare a fare bancarella" a Latina per colpa di quella Pantegana bastarda che voleva lasciarla anche a piedi! Sono ingiustizie nella vita che un artista di strada proprio non si merita. Mal pagati e pure bistrattati. Ma per fortuna Freek Wonder Woman ha altre valvole di sfogo e di guadagno. Massaggi indiani, bancarella e spettacoli sui trampoli da privata."Io preferisco lavorare per conto mio, come dico io, con la mia clientela". Da Medusa a Minerva L'artista commerciante, massaggiatrice e, all'occorrenza, persino animatrice, aveva rinunciato a "farsi una barca di soldi con i massaggi" ai turisti in di Ischia e dintorni, per una questione di coerenza. "Io sono un po'fricchettona- ma giusto un po'- e non mi va di tirarmi, essere diversa e rispettare l'etichette che mi impongono per lavorare. Faccio il lavoro dove e come dico io, rimanendo me stessa". Applausi. Più pagina Fan su Fb, profilo twitter e una statua in legno ecosostenibile per la dignità e la forza. Io e Stefania siamo pronte a diventare il suo ufficio stampa ufficiale ancor prima che lei ci regali un'importantissima lezione di vita, insegnandoci che si può essere felici con poco senza mai rinunciare a se stessi e scendere a compromessi con la società. "Per un po'di tempo ho vissuto in Puglia, nella valle d'Itria. Vivo in un trullo con due gatti. Non avevo internet, non avevo la tv, eravamo il trullo, i libri, i gatti ed io. Campavo facendo massaggi e animazione alle feste dei bambini. Nei periodi in cui non c'era lavoro andavo a raccogliere le olive e mi riscaldavo con la legna lasciata dai turisti d'estate. Il momento più bello della giornata era la sera, quando prendevo parte allo spettacolo della natura. Mi sedevo su un tettuccio in alto con i miei gatti ed ammiravo il tramonto. Non avevo nulla ma ero felice". Io e Stefania restiamo incantate e ciarliamo ancora di bisogni indotti, di inutile ciarpame, di quanto stress ci causi l'avere e quanto poco a volte ci interessiamo all'essere. "Io mi sono liberata via via di abiti e cose di cui non ho alcun bisogno. Voglio essere leggera, voglio fluire. Bisogna liberarsi delle zavorre...". Se la fame, la fretta e i nostri programmi non ci avessero distratte saremmo rimaste con lei tutto il pomeriggio avvinte dalla sua filosofia vita e dai suoi progetti di libertà. Tornando a casa, la sera, alla mie cose e ai miei affetti, le parole della fricchettona mi riecheggiavano ancora nella mente.... "Ero felice con poco"... "Bisogna essere leggeri"... "Fluire"... Se lei facesse, di tanto in tanto, una ceretta (naturale s'intende), ed io riuscissi a mettere in pratica almeno uno dei suoi splendidi insegnamenti, avremmo raggiunto l'equilibrio perfetto anche con una cavigliera sola in due mondi diversi. Per non dimenticare i miei buoni propositi ho pensato di cominciare a fluire, rivendo un film che potrebbe essere il manifesto di quanto appreso in questa domenica:

martedì 12 marzo 2013

Miracoli

Ci vuole molta forza, tanta forza, a volte, per andare avanti. Una mattina ti svegli, ti butti giù dal letto e decidi che devi risolvere il tuo grande problema, che a guardarlo in volto ogni ora ti appare sempre più grande. Ma nell'istante in cui lo affronti di petto e gli lanci la sfida definitiva, si rimpicciolisce di colpo. E quell'ostacolo insormontabile, che proprio non ti riusciva di superare, e pensavi di aver archiviato per sempre, diventa l'unico da saltare per raggiungere un traguardo. Non importa se per andare avanti devi tornare indietro, ogni ritorno non è mai identico a sé stesso, perché sei tu che sei cambiato. A volte la vita non è poi così bastarda e se siamo fortunati ci dà persino la possibilità di recuperare, di migliorare e affrontare in maniera diversa ciò che non eravamo stati in grado di gestire in precedenza. A volte, sempre la vita, sì ancora lei, ci regala degli angeli, delle persone che prima non c'erano e che ci illuminano il cammino, che con il loro sorriso e la loro presenza, il loro amore e calore infinito, ci danno la forza per essere ciò che siamo davvero, ci spronano a tirare fuori il meglio di noi, a credere in noi stessi. Sono le persone speciali, quelle che riescono in un'impresa che tu, da solo, in 30 anni, non eri stato in grado di compiere. Forse perché pensavi che non ne valesse la pena, forse perché ti nascondevi dietro i tuoi limiti, trovavi inutili alibi e non ti importava affatto di essere migliore perché sapevi che alla fine della corsa non avresti trovato nessuno ad abbracciarti. Nulla aveva molto senso prima, nonostante tutti gli sforzi, nonostante la passione, la missione. Ti mancava qualcosa: una motivazione. E'proprio nella confusione e nei momenti di maggiore disperazione che avvengono i miracoli. Ma non accadono mai da soli.

mercoledì 6 febbraio 2013

Follia collettiva

Il lunedì è sempre e comunque un giorno oscuro. Se lavori devi ricominciare la tua settimana, e va bene, nel fine settimana ti sei riposato, magari ti sei anche divertito, e allora puoi piazzarti davanti ad un pc o andare a caccia di scoop in ogni dove, ma a ritmo lento perché è inizio settimana e hai ancora un bel po'di sonno. Sei autorizzato a mandare a quel paese quel santo uomo di Niccolò Fabi che con la sua vocina educata e dolce in punta di piedi si introduce nell'abitacolo della tua auto e ti ricorda che..."Domani ti sveglierai e sarà lunedì"...E tu stordito dal sonno e dal caffè bruciacchiato che hai ingerito rispondi:"Lunedì è oggi, cazzone e sto andando a lavorare". Ma poi cambi umore. Uscito dal torpore, con rassegnazione ti trascini alla scrivania e cominci a carburare. Ti senti fortunato, tuo malgrado. Hai un lavoro, chissà per quanto, e sei felice di svolgerlo anche se fa freddo e chiunque avrebbe preferito rimanere a letto. Ma vuoi mettere una dormita con i teatrini dei tuoi colleghi, la passione per il tuo lavoro e per il darsi da fare in genere, e quattro risate in pausa pranzo? Non c'è storia. Lavoro batte Letto 10 a 0. Morale della favola: se lavori il lunedì lo digerisci eccome. In caso contrario è una tragedia immane. Non si sa perché, negli altri giorni della settimana, accetti il tuo stato di disoccupato, o forse sarebbe meglio dire di precario- che è più politicamente corretto e ti fa sentire meno sfigato perché non sei il solo-, e di lunedì no. Sbarri gli occhi alle 7, con aria da impiegato statale guardi la sveglia rammaricato, e pensi che sarebbe ora di alzarsi. Ed ecco di nuovo che ti si insinua nella mente quel tipo biondo riccioluto con la chitarra e la sua canzoncina melensa. Come fa? Ah già. "Domani ti sveglierai e sarà lunedì". "E già lunedì, cazzone!", latri in preda alla disperazione. Ti alzi, fai colazione senza neanche accendere la televisione- che sei già abbastanza angosciato poi ci manca solo BUONGIORNO REGIONE- e vorresti tornare di nuovo a dormire per fuggire da un pensiero che ti insegue in ogni dove. "E io mo che faccio?"- "Dove vado?"- "Come passo la giornata?"- "Come la riempio?". Amleto al mio posto avrebbe trovato una soluzione, pensi, e ti senti ancor più sfigato, inetto, reietto... (E se c'è dell'altro ditemelo che ce lo metto). Meno male che tua madre non conosce l'eroe shakespeariano, altrimenti avrebbe chiesto anche a lui una raccomandazione. "Puoi sempre fare l'accompagnatore, dovresti essere bravo(a) come passeggiatore dilemmatico". Certo di questi tempi uno il lavoro se lo deve inventare, la qualifica pure, ma io penso di essere molto più portato(a) per la professione di lettore. E poiché, per ora, nessuno mi chiama a lavorare, mi affido alla mia immaginazione.

mercoledì 9 gennaio 2013

Tramonti lucani

Tramonti lucani
A volte mi domando perché valga la pena di vivere in Basilicata. Certi giorni osservo il mio paese appisolato su un monte, cullato dalla luce arancio del meriggio, e lo trovo triste, spoglio di persone e di speranze. Poi, un po'più tardi, sul calar della sera, avverto il richiamo dei monti. Non posso fare a meno, se sono a casa, di incollarmi alla finestra o, se sono in macchina, di fermarmi al primo belvedere naturale e godere dello spettacolo offerto dalla natura. Il tramonto. Le nuvole, soffici sbuffi di panna, si tingono di rosa. Domenica il cielo, celeste, era zeppo di dischi volanti rosa-arancio. Ieri invece intorno alle cinque sul tetto del mondo è calato il sipario, una tenda veneziana dai colori tenui. Un intreccio di fili bianchi e ambrati è stato intessuto dall'alto a dispetto degli stormi di uccelli neri che apparivano disorientati. Cercavano il cielo, il sole ancora alto all'orizzonte, ma si sono ritrovati in un labirinto rosa antico e han deciso di rifugiarsi tra i rami nodosi di qualche pino. Par strano, ma il nostro cielo a gennaio è puntellato di volatili che si muovono in gruppo. Sabato mattina ero in fila per la benzina, ascoltavo distrattamente la radio e chinavo il capo nella direzione del sole mendicando tepore quando nell'azzurro brillante del cielo brinoso è apparsa una scritta nera:"Buongiorno principessa". Un nutrito stormo di pennuti si è riunito e diviso davanti ai miei occhi, e in qualche volteggio è sparito dietro un monte brullo. La natura non smette mai di sorprenderci. Il mio amico Felice sostiene che i tramonti degli ultimi tempi siano il prodotto di qualche strana alchimia. "Roba chimica!", mi ripeteva ieri, mulinando una mano nel vuoto. A me piace pensare, invece, che nonostante il petrolio e altre schifezze che pure hanno contaminato questo territorio, in Basilicata rimanga ancora qualche ancora di salvezza. "Non siamo la Puglia, e non è Taranto. Su...", ho risposto. La natura almeno non ci delude e ci invita a credere che non tutto è perduto in questa terra. Qualcosa ancora si può fare. Nonostante le partenze, le assenze e gli abbandoni. Gli alberi si svestono, nelle case si spengono le luci ma le menti, per fortuna, restano accese. Chissà per quanto ancora riusciremo ad esorcizzare il tramonto della speranza.