lunedì 8 agosto 2011

Il cliente ha sempre ragione

La regola d'oro del commercio, la prima che ti insegnano se devi vendere qualcosa, è questa: il cliente ha sempre ragione. Chi deve piazzare una merce sa bene che la gentilezza per un venditore, imbonitore, banditore, è quantomai necessaria. Non si è mai visto un commesso\a altezzoso, antipatico, scontroso o menefreghista. Eppure molti spesso peccano di superbia e il cliente se ne accorge eccome. Ci sono certe commesse particolarmente brave ad indisporre i clienti. Me n'è capitata una l'altro giorno davvero fastidiosa. Da premettere che lavora in un negozio fantastico. Uno dei quei posti davanti ai quali ti fermi a sognare. Lanci alle vetrine, allestite con gusto, sguardi voluttuosi. Poi abbassi gli occhi, sbirci i prezzi, e i desideri si infrangono sul saldo assai magro della tua Postepay. E ti rassegni. Non ti resta che attendere i saldi.
Da luglio in poi cartelli colorati con su scritto -50% ti invitano a varcare la soglia del Paradiso dell'abbigliamento. Appena puoi, hai tempo e denaro, fregandoti le mani, in punta di piedi, ti affacci nel tuo negozio preferito. Entri di soppiatto e ti lanci sugli abiti che da maggio avresti voluto avere indosso. Li sfili lentamente dalla stampella per misurali. Ma, quando stai per entrare in camerino, una figura snella e tesa, vestita all'ultima moda, ti si para dinanzi e, sgarbatamente, ti apostrofa:"Allora, i camerini sono tutti occupati; le maglie non si provano. E quell'abito credo sia grande per te!". Titolo del film: quando ad una commessa glie rode, se la prende con la prima cliente che gli capita a tiro. In questo caso io, che oltretutto ero l'unica acquirente solitaria. Le altre erano tutte accompagnate da madri o fidanzati seccati.
La commessa yougurtesca sembrava dedicarsi soprattutto ad una cliente, una bionda sciantosa e abbronzatissima col fidanzato-cane-che-scodinzola-dietro-un paio di tette- quarta misura al seguito. La Vamp in questione mi aveva battuta sul tempo; con la complicità del segugio innamorato aveva fatto sparire almeno due dei vestitini che mi facevano gola. E ora, mentre faceva il defilé davanti allo specchio, si lamentava col cagnolino dei suoi prossimi acquisti. "Continuiamo a comperare vestitini", diceva al fidanzato-cicisbeo, con l'aria di chi sa che magari non potrebbe permetterselo ma alla fine se ne frega e mette mano al portafogli quando vuole perché certo non muore di fame. Lui, facendo spallucce, non poteva che annuire e portare in cassa gli abiti scelti da madame, mentre la commessa rosicona si affannava a farle i complimenti per la sua mise.
"Quello azzurro ti sta davvero bene!", ripeteva la simpaticona snocciolando una serie di blandizie urticanti. Io, infastidita, attendevo il mio turno, davanti al camerino lasciato libero dalla Vamp, ancora ingombro delle sue buste, e pensavo a quanto avrei voluto provare quell'abito che il fidanzato-cane aveva appena imbustato.
La commessa certo non metteva fretta alla facoltosa cliente. Un'habitué, sicuramente. Ai nuovi arrivati, tanto più se sforniti di cani o altri accompagnatori, invece, riservava un trattamento di favore.
In ogni caso io non avevo bisogno di lei. So fare da sola. Valuto da me se una cosa mi sta bene oppure no, e se è il caso di spendere qualcosina in più. Certo un atteggiamento del genere da parte di chi vende mal dispone.
Avevo appena indossato il primo abitino a fiorellini, un po'etnico, ed ero uscita dal camerino. Mi stavo guardando allo specchio. Non sembravo molto convinta. Ed ecco che la campionessa di acidità mi si avvicina. "Beh, allora come va?", mi chiede cambiando tono. Si era addolcita. O meglio: il suo capo aveva smesso di cianciare al telefono con un tizio che era indeciso se lavorare in teatro o in radio e la stava osservando.
Io continuavo a non essere persuasa, non tanto dall'abito quanto dal prezzo, ancora troppo alto per uno straccetto del genere. E, considerato il trattamento ricevuto, alla fine ho deciso di desistere dall'acquisto.
"Prendo solo la maglia", ho detto all'amabile commessa, consegnandole gli abiti con le relative stampelle e lasciandola a bocca aperta.
Il cliente ha sempre ragione. E se tu commessa\o lo tratti male, gira i tacchi e se ne va senza comperare.

3 commenti:

  1. Mi piacerebbe poterti dire che l'episodio da te narrato è un'eccezione...purtroppo il malcostume delle commesse sgarbate è diffuso e mi dispiace dirlo, soprattuto al sud Italia.

    Come hai colto argutamente tu

    "il suo capo aveva smesso di cianciare al telefono con un tizio che era indeciso se lavorare in teatro o in radio e la stava osservando."

    In questo caso il danneggiato è il datore di lavoro che ha perso una cliente e la commessa, ammantata di un'ingenuità fanciullesca, non si rende conto che di riflesso danneggia se stessa. A furia di clienti persi le attività chiudono.

    Uno dei mali del nostro Meridione è la fiabesca convinzione, radicata in molti e diffusa come un virus, che si debba lavorare solo se si è sotto controllo diretto del capo o delle istituzioni. Il senso del dovere è un optional.

    Sono fautore della cortesia e dell'educazione in ogni contesto, soprattutto se si lavora a contatto diretto con il pubblico. Gli addetti sgarbati agli sportelli per me, per esempio, non hanno alcuna giustificazione; non hai pazienza? Non sai trattare il prossimo con il minimo di educazione dovuto? Allora quel lavoro non fa per te, io non sono un abile guidatore e non mi pare mi incaponisca nel condurre autobus a zonzo.

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  2. Questo è accaduto a Roma. In ogni caso convengo con te. Hai ragione. A ciascuno il suo mestiere e se non sai essere gentile, lascia stare. Domani credo che scriverò una seconda puntata ;-)

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  3. Il contrasto era con i posti dove c'è la cultura del commercio e del cliente, pensa alla Romagna, dove come si dice ti fanno "fess' e cuntent'" ^^ Attendo la seconda parte dell'aneddoto allora :)

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