lunedì 19 settembre 2011

The sound of silence

Percorro le strade che conosco da tempo. Sono sola e mi giro intorno alla ricerca di quella che ero, della ragazza che sono stata un tempo, e mi domando chi sono oggi. Attraverso la strada col rosso, perché il verde per i pedoni non scatta mai, e intorno a me scorgo molta gente a telefono. Mi specchio in loro. Mi sembra assai strano non essere anche io attaccata ad un cellulare. Come se non avessi più nulla da raccontare. Mi domando perché questa gente deve comunicare con gli altri ogni secondo della sua giornata. Cosa avranno sempre da dirsi tutti?
Non molto tempo fa avvertivo l'esigenza di narrare a voce a chi ritenevo speciale le mie scorribande romane. Poi ho capito che gli interlocutori prescelti erano speciali solo per me e forse non erano nemmeno interessati alle mie peripezie per le vie della Capitale.
Crescere vuol dire imparare a tacere. Centellinare i discorsi e le parole e scegliere i propri compagni di conversazione in maniera responsabile senza lasciarsi guidare dall'illusione. I nostri racconti non devono essere molesti ma benaccetti. Ogni narratore vorrebbe degli ascoltatori attenti ed entusiasti. E non solo cortesi ed educati. L'atteggiamento passivo e paziente, remissivo e poco reattivo, si riassume con la parola "sopportazione". Tolleriamo qualcosa che non ci piace solo per non dare un dispiacere all'altro. Non c'è cosa più umiliante che essere compatiti.
Se qualcuno, dunque, vorrà sapere cosa abbiamo da dire, chiamerà. E se il telefono non squilla? Pazienza, ci godremo il piacevole suono del silenzio, un tesoro che ciascuno di noi dovrebbe riscoprire giorno dopo giorno e custodire gelosamente.

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